193.233 euro per undici viaggi svolti nei primi tre mesi del suo Governo. Tutto si può dire a Giorgia Meloni tranne che non si sia impegnata nei rapporti internazionali. Secondo alcune stime, infatti, la premier ha speso molto di più rispetto ai suoi predecessori. Su questo ha influito molto il nutrito seguito che è solita portarsi dietro, delegazioni di 280 persone tra addetti vari e staff.

Ovviamente il problema non sono i soldi, che rappresentano gocce nel mare del bilancio statale, ma piuttosto gli effetti concreti della politica estera della nostra presidente del consiglio. Un settore che visti gli attuali scenari geopolitici è tutt’altro che indifferente anche sulla vita quotidiana degli italiani (per capirlo basta guardare la propria bolletta del gas e delle luce).

Non è un caso se la Meloni abbia preso in mano direttamente i dossier più scottanti con il titolare della Farnesina, Antonio Tajani, che sembra svolgere quasi compiti residuali. Anche perchè la linea politica dei due non sempre è in linea, soprattutto nell’ultimo periodo dopo le dichiarazioni di Marina Berlusconi.

Sotto questo aspetto il girovagare della Meloni non sembra aver dato i frutti sperati per colpa anche di una politica estera non sempre lineare. Se all’inizio del suo mandato la premier sembrava ancorata alla sua linea atlantista ed europeista, adesso dopo le elezioni di Donald Trump appare più tiepida verso Bruxelles e sta cercando di costruire un rapporto bilaterale con il magnate americano. Non ne fa nemmeno un mistero. Basta vedere con quale timidezza, per non dire quasi controvoglia, ha partecipato alla convention organizzata da Macron a Parigi sul conflitto russo-ucraino per spezzare l’asse Trump-Putin che rischia di ridurre all’irrilevanza la Ue. Ad onor del vero dobbiamo dire che in fondo la Meloni non aveva tutti i torti visto che i paesi membri alla fine non sono riusciti nemmeno a trovare la quadra fra di loro e si sono divisi sull’invio di truppe in Ucraina.

A questo aggiungiamo che la Meloni, pur avendo guidato a lungo il gruppo europeo dei conservatori, l’Ecr, a Bruxelles ha trovato più di una difficoltà di collocazione politica con la clamorosa retromarcia cui è stata costretta sulla nomina di Ursula Von Der Leyen. Su uno scacchiere più ampio la Meloni ha deciso di disdire la famosa Via della Seta sottoscritta dal Governo Conte, ma dopo questo non si capisce come si intende affrontare il rapporto con la Cina e altre economie emergenti come l’India.

Non è andata bene nemmeno sul tema che doveva essere centrale nel programma elettorale ovvero la migrazione. Al di là del numero o meno di ingressi nel Paese l’unico effetto concreto delle politiche migratorie del Governo è stato uno scontro frontale con la magistratura. Non ci riferiamo solo al caso Almasri, gestito obiettivamente malissimo dall’esecutivo che ha balbettato una scusa dopo l’altra tutte puntualmente smentite il giorno dopo. Non è andata meglio con il famoso accordo con l’Albania e i centri realizzati ad alti costi in quel Paese. In generale il Governo nel protocollo ha previsto per questi trasferimenti un impegno di spesa di 15 milioni per il 2024 e 20 milioni l’anno fino al 2026. Ma cifre dettagliate su quanto siano costati finora non ci sono. In un question time alla Camera, il Ministro degli Interni Matteo Piantedosi dichiarò che questi viaggi costano in media 8.400 euro al giorno al netto delle spese per il personale e le spese di ordinario esercizio quotidiano della nave. La cifra però secondo diversi esperti è molto ridimensionata.

Anche qui, al di là dei costi, è vero che i magistrati si sono messi di traverso, ma è anche vero che le navi italiane che hanno fatto su e giù per il Mediterraneo caricavano a bordo davvero una manciata di persone. Insomma i costi sostenuti dal Paese non sembrano affatto giustificati. Anche il Piano Mattei con l’Africa, anch’esso figlio di una serie di viaggi in quel Continente, non sembra per il momento aver sortito gli effetti sperati. Certo i quasi tre anni di Governo non sono sufficienti a poter vedere gli effetti di questa nuova politica estera, ma la situazione geopolitica precipita giorno dopo giorno. Se l’Europa sembra marginale, figuriamoci l’Italia.