Sia pure con un rumoroso sottofondo di polemiche, si inizia a intravedere la sanità del futuro in Calabria. Dopo undici anni in cui abbiamo assistito solo a chiusure di ospedali e tagli dei costi finalmente si rilancia. Almeno ci si prova perché siamo ancora nella fase degli adempimenti formali e delle delibere. Ma rispetto al passato dei commissari col trolley è già grasso che cola di cui va dato merito al presidente Roberto Occhiuto.

Al netto di ricorsi, esposti e proteste formali l’operazione disegnata ci sembra abbia una convenienza per tutti. Catanzaro avrà finalmente il polo ospedaliero-universitario “Renato Dulbecco”, ha ottenuto l’attivazione di sei nuovi corsi di laurea in Medicina, ha ottenuto la realizzazione di un moderno ospedale veterinario che rappresenta un’eccezione nel centro sud. Cosenza invece avrà la sua facoltà di Medicina e la possibilità di creare un polo ospedaliero-universitario. Due operazioni importantissime per tre ordini di motivi.

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Il primo è di natura strettamente finanziaria. I due poli avrebbero maggiori opportunità di finanziamento perché possono sfruttare anche i fondi, nazionali ed internazionali, previsti dal sistema universitario. Questo rappresenta un’opportunità per tutti vista la situazione delle casse della nostra sanità.

Il secondo motivo riguarda sempre l’attrazione delle due strutture nell’orbita accademica. Questo potrebbe spezzare un vecchio male della nostra sanità legato ad un rapporto malato con la politica che troppo spesso ha deciso primariati e non strettamente in base alla competenza. Adesso i meccanismi saranno altri perché ai vertici sarà chiamato chi ha un percorso accademico. Pubblicazioni e studi non si possono certo inventare dalla mattina alla sera. A tacere del fatto che gli specializzandi saranno immediatamente operativi in corsia e questo consente non solo di rimpinguare l’organico nell’immediato anche nel lungo periodo.

Infine c’è la qualità della cura che deduttivamente dovrebbe incrementarsi. I due policlinici quindi potrebbero, con le rispettive specializzazioni, diventare una prima risposta alla mobilità passiva che in Calabria mediamente si aggira sui 300 milioni di euro l’anno. Certo qui si presenta il problema, molto delicato, quello di riuscire a far convivere la ricerca con l’assistenza e soprattutto serve un piano di reclutamento di personale sanitario. Due temi molto delicati sui quali serve mettere in campo progetti operativi credibili. Di queste cose dovrebbe discutere la politica, abbandonando i campanili.