VIDEO | L'ex guardasigilli a Cosenza per presentare il suo libro su Giovanni Falcone: «I socialisti? Dura rimettersi insieme dopo trent'anni, ma non dispero». Sul dibattito che infiamma la politica: «Giustizialismo lato osceno del populismo»
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«Donzelli? Un fascistello. Nordio è un garantista ma in questa fase mi sembra più leale al Governo che alle sue idee. Il 41 bis? L'ho scritto insieme al compianto Loris D'Ambrosio e si è rivelato l'arma più efficace per combattere la criminalità organizzata». Claudio Martelli, a Cosenza per la presentazione del suo libro sulla vita di Giovanni Falcone, non si sottrae al dibattito sui temi dell'attualità politica, dal caso Cospito al carcere duro, arrivando al ruolo che i socialisti possono ancora ricoprire nell'agone delle democrazie europee.
Da Chinnici a Falcone
Il salone degli Stemmi dell'Arcivescovado è gremito per il ritorno in riva al Crati dell'ex Guardasigilli, quasi un anno dopo la sua partecipazione alle celebrazioni per il ventennale della scomparsa di Giacomo Mancini. Ministro della Giustizia durante la stagione degli attentati di mafia, Claudio Martelli è stato tra i personaggi più vicini a Giovanni Falcone, che volle alla guida del Dipartimento Generali degli Affari Penali per consentirgli di codificare da un punto di vista normativo non solo gli insegnamenti che egli aveva ricevuto da Rocco Chinnici ma anche le tante intuizioni investigative che gli avevano consentito di istruire il maxi processo «con in mano un solido quadro accusatorio» sottolinea Martelli agitando lo spettro dell'attuale uso distorto dell'avviso di garanzia, talvolta impiegato per soddisfare la fame di giustizialismo che attraversa il Paese.
Giustizialismo è lato osceno del populismo
«Il giustizialismo – dice Martelli – è il volto peggiore del populismo. È il suo aspetto più osceno. È una forma di giustizia spiccia, impiegata per accontentare la smania di pochi». L'iniziativa, promossa dalla Fondazione Giacomo Mancini, dal locale Circolo dell'Avanti, dalla Federazione Riformista di Rende e da MigawebTv, è stata introdotta dal giurista Fabio Liparoti e coordinata dal giornalista Sergio Tursi Prato. Giacomo Mancini jr e Sandro Principe hanno sollecitato Martelli con le loro domande. Vita e persecuzione di Giovanni Falcone disvela alcuni tra gli episodi più inquietanti del dietro le quinte dell'azione «eccellente, non buona, ma eccellente – ci tiene a sottolineare l'autore del volume edito da La Nave di Teseo – eppure apertamente e velenosamente osteggiata da certi settori della magistratura. Paolo Borsellino – ricorda l'ex Ministro – lo disse anche nella sua ultima intervista: Falcone ha cominciato a morire il 19 gennaio del 1988 quando il Csm ne bocciò la nomina a capo dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Poi la mafia – chiosa Martelli - ha eseguito la sentenza, facilitata dal comportamento dei colleghi che lo disarmarono e degradarono».
L'arresto di Messina Denaro
Sempre in tema di lotta alla mafia Claudio Martelli dice la sua sull'arresto di Matteo Messina Denaro: «Un po' di soddisfazione c'è, affiancata però una riflessione sulla lunga latitanza durata trent'anni. Non un caso isolato, intendiamoci: quella di Totò Riina si protrasse per 24 anni, quella di Bernardo Provenzano per 40. Non c'è stato quindi, un adeguato controllo del territorio. Poi si capirà meglio quali siano state le circostanze della cattura e perché sia arrivata solo adesso. È stato il frutto di soffiata? Di una violazione della privacy che riguarda gli ammalati?»
Il 41 bis
Sul caso Cospito «siamo alle solite. Perché regna una grande confusione tra i giustizialisti come il sottosegretario Delmastro o questo fascistello che risponde al nome di Donzelli. Ci sembrava che il Ministro Nordio fosse invece un garantista. Che però pare combattuto tra la lealtà al Governo e la lealtà alle sue idee. Per adesso mi pare abbia scelto la lealtà al Governo». Sul 41 bis ritiene che non sia «in discussione, salvo da parte di chi vi è sottoposto. Comprensibilmente, trattandosi di anarchici o mafiosi».
Il ruolo dei socialisti
In sala tanti socialisti della prima Repubblica e pure della seconda, dove sono spesso comparsi sotto altri simboli partitici. «Trasversalmente sono dappertutto, anche nelle istituzioni. Ma dopo trent'anni di separazione è complicato rimettersi assieme. Però io non dispero. Se anche il Pd si aprisse ad una riflessione fondamentale su se stesso e sulla propria ispirazione, e si avvicinasse seriamente ai partiti socialisti europei, assumendo un profilo laburista, tutto si semplificherebbe».