Un atto di autocritica che suona come un messaggio al partito di cui fa parte. L'ex sindaco di Cosenza Salvatore Perugini (2006-2011) è il presidente della Commissione di garanzia provinciale del Partito democratico. Un dirigente autorevole per i suoi trascorsi e per il ruolo che occupa. L'organismo di cui fa parte è probabilmente quello maggiormente operativo. «Senza dubbio - dice - perché arrivano ricorsi di continuo. Spesso sono questioni che andrebbero affrontate diversamente».

Salvatore Perugini, una cosa per volta. Partiamo dalla città unica. Lei ha sempre avuto una posizione possibilista. Ha gradito la svolta che i consiglieri regionali e il segretario Pecoraro hanno dato sull’approccio da tenere sulla fusione di Cosenza con Rende e Castrolibero?
«L’ho apprezzata, perché sui grandi temi non bisogna andare mai sull’Aventino e criticare strumentalmente, ma entrare nel merito delle questioni. Il mio pensiero è antico: già nel 2006 misi nel mio programma elettorale l’idea di una fusione. La prospettiva è chiara a tutti, il futuro viaggia in questa direzione sebbene il processo non vada calato dall’alto. L’area urbana di Cosenza-Rende-Castrolibero ha enormi potenzialità, ecco perché hanno fatto bene il segretario Pecoraro e il gruppo consiliare a dare disponibilità con il giusto coinvolgimento».

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Al referendum lei voterà Sì?
«Certamente. Il referendum è un sistema di democrazia diretta e bisogna partecipare. È anche lo strumento che darà il polso della cittadinanza sulla questione, poi toccherà alla politica»

Franz Caruso e Orlandino Greco parlano di fascismo e annessioni antidemocratiche. Preparano ricorsi. Perugini ritiene che si corra il rischio di far slittare i tempi per un processo epocale o che sia giusto che tutelino le loro posizioni?
«Non voglio fare polemiche, in linea di principio è giusto protestare perché la Regione ha cancellato con la legge omnibus il potere dei consigli comunali. Ma la politica è realismo e bisogna fare i conti con ciò che si ha per sfruttare le potenzialità. Io andrei oltre le questioni di principio, sebbene lo capisco e lo rispetto».

Il Pd continua a perdere pezzi sia a livello nazionale con Smeriglio, Nehum e col sindaco di Taranto, sia a livello locale con Maria Pia Funaro. Dovrete sostituirla in commissione di garanzia. Lei è d’accordo con Elly Schlein quando parla di cacicchi?
«Io rifuggo da sostantivi e frasi fatte che diventano mantra quotidiani che nascondono i problemi. Io oggi vedo grande difficoltà nell’avere un obiettivo da parte del Pd. Non riusciamo a formare una classe dirigente, selezionarla, avere un’idea di sviluppo e includere così da allargare la platea degli iscritti. Noi non includiamo, noi escludiamo, vuoi come nel caso di Funaro che l’assemblea provinciale dovrà sostituire, vuoi perché ci sono situazioni che necessitano valutazioni sulla base di uno statuto».

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Senta, come finirà in commissione di garanzia con Graziadio, Tinto e Trecroci? In caso di espulsione, tuttavia, so che qualcuno solleverebbe il caso di altri consiglieri democrat eletti in altre liste: Ciacco e Turco.
«Io non posso esprimere alcun giudizio perché sarei ricusato da presidente della commissione di Garanzia. Posso dire, con rammarico, che ci arrivano ricorsi su presunte violazioni di norme statutarie che in realità nascondono questioni politiche che andrebbero risolte in altro modo».

Quale?
«Io sono un nostalgico e amante dei partiti dotati di un’organizzazione che possa definirsi tale. Un tempo il dirigente degli enti locali era più importante di un sindaco e nel Pd provinciale non c’è perché Mazzuca si è dimesso. Questa figura lavora, gira tra i circoli e fa sintesi tra opinioni differente. Ci sono dei paradossi incredibili».

Ce ne dica qualcuno…
«Le sembra normale che il Pd non si presenti quasi da nessuna parte con il suo simbolo? Ci comportiamo come un movimento che si vede soltanto in prossimità degli appuntamenti elettorali. Le sembra normale, inoltre, che non andiamo sui territori e che abbiamo perfino una sede provinciale precaria?».

Per concludere, il Pd non ha candidati cosentini alle europee. Possibile che tra i democrat nessuno abbia voluto tendere la mano verso il partito con una candidatura di servizio?
«Domanda legittima, ma se gli organismi preposti non si riuniscono per formare la classe dirigente, vengono meno anche il potere di proposta e contrattuale verso i livelli nazionali. Io credo che in tutta Italia non ci sia stata una riunione per discutere una singola candidatura. Quindi, se un partito non è politicamente attrezzato per scegliere e promuovere la classe dirigente agli elettori, la base finisce per non contare più nulla. Come diceva Cuperlo: è il partito degli eletti».