Molto denaro speso, slogan, frasi a effetto e una pioggia di foto e video per una campagna elettorale che a Catanzaro ha rimesso esattamente le cose dov’erano con una conferma massiccia degli uscenti. Più o meno, però. Perché si può dire che malgrado le tante riconferme fra i consiglieri uscenti del 2017, da Palazzo De Nobili è ad esempio sparita, dopo oltre un quarto di secolo di dinastia quasi incontrastata, la folta pattuglia abramiana.

Che di “discepoli” (meglio delfini) non ne ha piazzato alcuno. Sì d’accordo sono rimasti dentro Marco Polimeni e Rosario Mancuso, ma tutti a Catanzaro sanno come prim’ancora che all’ormai di fatto ex sindaco entrambi rispondessero e rispondono, per così dire, rispettivamente a Baldo Esposito (o anche Piero Aiello) e Filippo Mancuso. Era tuttavia inevitabile che Sergio Abramo non piazzasse più bandierine alla luce della mancata ricandidatura di tre fedelissimi (o al massimo persone smarcatesi da lui solo di recente) quali Fabio Talarico (in un certo senso rimasto ancora lizza con la compagna Alessandra Lobello, assessore uscente), Giuseppe Pisano ed Enrico Consolante.

Comunque sia, come si diceva in premessa, qualunque campagna elettorale, persino per conquistare la maggioranza in un Comune di un luogo tutto sommato abbastanza periferico nello scacchiere nazionale quale il capoluogo calabrese, al giorno d’oggi la si combatte anche e soprattutto a colpi di immagini. E di immagine.

Vero motore di una propaganda efficace è dunque portare avanti un'attività di comunicazione che alla chiusura dei… giochi possa comunque risultare decisiva. E, a riguardo, si può affermare come ad aver saputo veicolare al meglio il loro messaggio siano state le donne. E che donne. Quasi tutte professioniste di primissimo livello nei rispettivi ambiti piazzatesi nella top ten o tra i primi venti in fatto di consensi della graduatoria degli aspiranti pubblici amministratori.

Il riferimento Giusi Iemma, Roberta Gallo, la citata Lobello, Carmelina Greco, Manuela Costanzo, Lea Concolino e Giorgia Siciliotto. Certo, non tutte ce l’hanno fatta a centrare l’agognato obiettivo. Ma i numeri dicono che la cosiddetta preferenza di genere forse non basta a spiegare quanto i catanzaresi tutti, in appena cinque anni, abbiano apprezzato il lavoro delle consigliere già all’opera dal 2017, anno in cui le urne non le premiarono di certo allo stesso modo. E il perché è presto spiegato in considerazione del fatto che al tempo a fare meglio di tutte le altre fu Cristina Rotundo, piazzandosi però solo al 14° posto e quindi preceduta da ben tredici colleghi del sesso opposto.

Ma un’ultima domanda è necessario porsela al termine di una competizione che deve oltretutto ancora vivere l’ultimo e decisivo atto del ballottaggio. Il riferimento è al quesito stimolato dal polverone alzato da Abramo nella fase conclusiva della campagna elettorale allorché lanciò il suo “anatema” contro la maggior parte dei membri della civica assise, secondo lui restii a prendere la parola in assemblea perché poco capaci di parlare un italiano corretto.

Ebbene, anche a riguardo va precisato che tranne alcuni casi di soggetti (non citati per una forma di rispetto e per assecondare il ruolo di giornalisti, non in modo automatico assimilabile a quello del docente) con evidenti lacune e bassa scolarità o comunque con titoli, anche accademici, conseguiti in età avanzata e al termine di iter brevi o magari online (et similia), la situazione è oggettivamente migliorata rispetto alla scorsa tornata. Occasione in cui fra i primi dodici classificatisi appena quattro o cinque candidati potevano vantare un percorso universitario degno di tal nome.