Ed ora non chiedetevi più perché la gente, in tutto il mondo, si è stufata dei cliché su progressisti e conservatori, su certa sinistra e certa destra, su buonisti a tanto al chilo e cattivi sempre e comunque.
Il presidente degli Stati Uniti d’America, la prima democrazia al mondo dell’età contemporanea, ha concesso la grazia al figlio Hunter. Il Corsera ci spiega che il promettente rampollo stava rischiando fino a 25 anni di carcere in un processo, e fino a 17 in un altro, con verdetti attesi entro poche settimane. Donald Trump ha reagito con una battuta: «La grazia include gli assalitori del 6 gennaio che sono in carcere ormai da anni?».
Insomma: i potenti si autotutelano e i “senza nessuno” finiscono in manette e a subire le restrizioni, se non spesso le violenze, della detenzione.

Riparto dall’incipit: non vi lamentiate più se il popolo non va a votare e smettetela (mi rivolgo ad alcuni commentatori) di far finta di non capire perché negli Usa ha vinto Trump. Il popolo vede ed è più saggio di tanti traballanti Soloni!
Immaginate un po’ voi se una cosa del genere l’avesse partorita il neo inquilino della Casa Bianca. Avremmo assistito a titoloni sul golpe conservatore, sulla fine delle garanzie costituzionali, sulla tragedia istituzionale, sull’Apocalisse della giustizia. Ma la vita, come il mercato, dice sempre la verità. E nessuno la può fuorviare anche con tonnellate di demagogia.

Da giorni e giorni certa stampa finto-progressista sta picchiando duro sulle scelte, o addirittura sulle intenzioni, di Donald Trump. Pericoli tremendi e drammi ovunque. Ed ora? Anche il New York Times non ha potuto fare a meno di titolare a tutta pagina, ma senza esprimere giudizi immediatamente negativi: “Biden concede un perdono totale e incondizionato a suo figlio Hunter”. A supporto un’analisi che dice: «Nel perdonare suo figlio, Biden riecheggia alcune delle lamentele di Donald Trump». Era ora! Un po’ più critico, ma senza esagerare, il Washington Post: “Il presidente Biden perdona suo figlio Hunter, annullando la sua promessa di lunga data”.

Come tutti i padri anche io vorrei avere il potere di levare mio figlio da eventuali guai con un colpo di bacchetta magica. E chissà quante volte queste cose sono accadute, a vari livelli, e quindi in un contesto sociale ed economico più ampio, a vantaggio dell’establishment, dei fortunati, delle ipertrofiche élite. Inflessibilità, invece, e rigore senza pietà per i morti di fame, per i deboli, per i diseredati, per chi non conta nulla e non ha santi in paradiso. Il che vale anche per cose che puzzano di privilegi, di posti di lavoro ben retribuiti e sicuri, se non immeritati, di mille e una agevolazioni che si possono avere essendo “in” invece che “out”.
Sto sorridendo nel cercare di anticipare che cosa escogiteranno i commentatori dei salotti progressisti per spiegare, a questo punto, in che cosa si concretizzerebbe il pericolo Trump! E come cercheranno di spostare l’attenzione da un evidentissimo terremoto per i democratici alle presunte crepe dei repubblicani. I sermoni sul mondo in pericolo in caso di vittoria di Trump finiscono nella spazzatura dell’inutile in un colpo solo. È più evidente, ora, anche per chi non ha voluto vedere, perché gli americani, da popolo libero per definizione, hanno votato contro un certo modo di intendere il potere che purtroppo ha anche dato troppo spazio alle guerre quale strumento di soluzione di problematiche internazionali, per quanto gravi.

Veniamo all’Italia. Sarebbe proprio il caso che finalmente si alzasse qualcuno, con la necessaria autorevolezza, per dire: basta! Rimbocchiamoci le maniche e ricostruiamo il Paese e l’Europa con nuove regole, pensando ai bisogni reali della gente comune e alla costruzione di sistemi davvero giusti. Le ipocrisie in campo, che tormentano le nostre società da anni, le conosciamo tutti. Anche nei dettagli. Sarebbe bello e utile, anche in virtù di un’elezione di Trump che richiama europei e italiani a una maggiore responsabilità attiva, mettere una pietra tombale su un passato che ci consuma e ci impedisce di trovare soluzioni eque, e iniziare questo XXI secolo con nuove regole utili a costruire un’attesa stagione di progresso, così come accadde dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Se qualcuno non se n’è accorto da anni ormai stiamo combattendo la Terza. Cambiamo prima di perire e facciamolo combattendo, come ci insegnò Tommaso Campanella, “tirannide, sofismi e ipocrisia”!