I nodi della più importante riforma mai adottata nell’Italia repubblicana, vengono al pettine oltre vent’anni dopo l’approvazione, insieme a tutti i limiti del federalismo regionale frettolosamente votato da un Parlamento i cui membri non erano evidentemente all’altezza dei padri costituenti. La mancanza dei fondi perequativi per garantire ai territori con minore capacità fiscale per abitante, di godere dei medesimi servizi in ogni regione del Paese, uno dei principali oggetti del contendere.

Decentramento tout court

Il decentramento, se applicato tout court senza i necessari provvedimenti per salvaguardare l’interesse nazionale e la coesione sociale, irrinunciabile stella polare per tutte le istituzioni democratiche, rischia di cristallizzare un quadro nel quale sono già presenti, di fatto, cittadini di serie A e di serie B. Cittadini che possono accedere a sanità di qualità, a scuole attrezzate di palestre, mense, tempo pieno, agli asili nido, ad infrastrutture per i trasporti e la logistica di livello e cittadini invece, costretti ad emigrare per curarsi, a formarsi in strutture che cadono a pezzi, a spostarsi tra mulattiere e linee ferroviarie non elettrificate. Lo sanno bene i sindaci del Sud che, al di là delle appartenenze politiche, sono scesi in campo.

Norma che istituzionalizza il divario

«Gli amministratori locali già registrano quotidianamente il divario nord-sud. Che poi si riverbera sulla comunità. Per cui tutti gli amministratori, a prescindere dal colore politico, la pensano allo stesso modo. Magari qualcuno, per ragioni di carattere politico e di schieramento, ha aspettato un po’ prima di esprimere il proprio pensiero. Ma sono convinto che pure i consiglieri regionali siano allineati alle nostre posizioni – ha detto il primo cittadino di Corigliano-Rossano Flavio Stasi – Questa norma non solo rischia di acuire il divario tra le diverse aree del Paese, ma arriva addirittura ad istituzionalizzarlo». Il sindaco di Acri, Pino Capalbo, primo nella provincia, seguito dal sindaco di Cosenza Franz Caruso, ha portato in consiglio comunale un ordine del giorno, approvato alla unanimità, di contrasto alla riforma Calderoli: «Propongo a tutte le amministrazioni di adottare una delibera analoga – ha affermato – Prevedere i Livelli Essenziali di Prestazione, infatti, non è sufficiente se non vi è copertura finanziaria. Anche il consiglio provinciale è in procinto, su proposta del gruppo Provincia Democratica, di agire in questa direzione e spero che pure il Consiglio regionale lo faccia. Questo perché vi siano anche dei documenti tangibili della volontà popolare, evitando così che la nostra protesta rimanga fine a se stessa».

Calabria sia zona franca per i prossimi cinquant'anni

Giovanni Papasso, sindaco di Cassano allo Ionio, anche lui presente alla protesta dei sindaci davanti la Prefettura di Cosenza, ha ricordato come «la fascia tricolore indossata simboleggi l’unità del Paese. Se dovessimo dividerci – ha aggiunto – le regioni forti andrebbero in Europa, le altre resterebbero al palo. Non discutiamo la necessità di applicare le riforme del titolo V, ma non a scapito della tenuta democratica che si traduce nella equità tra i cittadini». Il sindaco di Cariati, Cataldo Minò, ha poi avanzato una proposta: «In alternativa ai Lep, in mancanza delle risorse finanziarie, il Governo dichiari la Calabria zona franca per i prossimi 50 anni». Intanto il ddl Calderoli, dopo il via libera del Senato approderà a breve alla votazione della Camera. E questa volta non è scontato il consenso compatto di tutto il centrodestra.