Le forniture di vaccini anti influenzali e mascherine non arrivano e le nuove Unità speciali di continuità assistenziale non ingranano per carenza di personale
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Bisognava farsi trovare pronti all'eventualità, oggi concretizzatasi, di una seconda ondata di contagi in autunno, ma l'Asp di Cosenza non sembra esserci riuscita. E adesso si ritrova contro i medici di base, abbandonati a se stessi e in cerca di un aiuto che è necessario ma tarda ad arrivare.
L'Azienda sanitaria non è ancora riuscita a consegnare le dosi di vaccino anti influenzale richieste né a rifornire di dispositivi di protezione individuale i dottori sparsi per il territorio. In più, le undici Unità speciali di continuità assistenziale (Usca) istituite per garantirere cure a domicilio ai pazienti Covid in isolamento che non necessitano di trattamenti in ospedale lavorano solo un giorno alla settimana, invece di sette su sette. E con molti medici e infermieri meno del previsto.
I medici ascoltati in municipio
A denunciarlo sono stati i dottori Tullio Chimenti e Antonio Francesco De Vuono, ascoltati dalla commissione Sanità di Palazzo dei Bruzi insieme a Stefano Perrotta, dirigente che per l'occasione ha rappresentato l'Asp al posto del commissario Cinzia Bettelini, impegnata altrove.
Chimenti e De Vuono, a nome della Federazione dei medici di medicina generale, hanno evidenziato i gravi ritardi nella gestione di questa fase, con la quantità di vaccini distribuiti sul territorio ancora del tutto insufficiente rispetto alle richieste dei pazienti.
«Si fa un gran parlare di tamponi rapidi che i medici di famiglia saranno chiamati ad effettuare, ma come si fa a garantirli se non si riescono ad assicurare neanche i vaccini?», ha incalzato la presidente della commissione, Maria Teresa De Marco, non esitando a definire «gravissima» la situazione venutasi a creare.
Troppi pazienti, pochi vaccini, nessuna mascherina
Se la dosi richieste sono superiori a quelle fornite, infatti, i dottori rischiano di dover scegliere a chi somministrarle e a chi no, un paradosso che discriminerebbe i pazienti. E poi le vaccinazioni devono avvenire in sicurezza, ma i medici al momento devono sopperire di tasca propria al mancato arrivo dei dispositivi di protezione individuale che l'Asp avrebbe dovuto dar loro.
«La categoria è stata lasciata completamente sola all'interno dei propri studi medici, senza strumenti e nessuna indicazione su come comportarsi. Ci siamo dovuti inventare come visitare i pazienti. A otto mesi dall'inizio della pandemia – ha spiegato Chimenti – non stiamo ricevendo nessun dispositivo di protezione individuale. Non siamo stati sottoposti ai test dall'Asp, ma li abbiamo eseguiti a nostre spese ad aprile all'università».
Al coro delle critiche per i ritardi evidenziati si sono aggiunte, bipartisan, le voci di Damiano Covelli e Francesco Cito. I due consiglieri comunali hanno espresso il loro disappunto sulla scarsa programmazione da parte dell'Asp in un'annata in cui era prevedibile che le richieste di vaccini aumentassero rispetto al passato, ricordando come la commissione Sanità avesse già proposto di utilizzare le sedi delle ex circoscrizioni per la campagna di vaccinazione anti influenzale, così da alleggerire il carico di pazienti in arrivo negli studi medici.
Soluzione in arrivo?
Perrotta ha provato a tranquillizzare tutti, annunciando come ormai prossima la soluzione dei problemi. L'insufficienza dei vaccini distribuiti, ha spiegato, non sarebbe colpa dell'Asp ma delle aziende farmaceutiche, incapaci di evadere puntualmente gli ordini arrivati da Cosenza. In sostanza, ai medici sarebbero arrivate sole le dosi disponibili al momento, in attesa che si producano le altre necessarie.
«Le criticità sono in via di superamento ed ogni paziente avrà la sua dose di vaccino», ha assicurato poi. Quanto alle mascherine, anche quelle dovrebbero arrivare a breve e sarà la Protezione civile regionale a consegnarle. Ulteriori aggiornamenti sono previsti per martedì, quando la commissione tornerà a riunirsi per rifare il punto sulla situazione.
Usca, un progetto che stenta a partire
Tutto è bene quel che finisce bene? Neanche per sogno, visto che resta un altro nodo da sciogliere secondo i medici di base, quello delle Usca. Si tratta di undici Unità speciali di continuità assistenziale istituite dall'Asp per garantire ai pazienti in isolamento domiciliare la necessaria assistenza e scongiurarne il ricovero.
Ognuna dovrebbe avere in dotazione quattro medici e altrettanti infermieri a farsi il turno, così da assicurare il servizio dal lunedì alla domenica (con orario 8-20) e dare man forte ai medici di base sparsi per la provincia. Almeno sulla carta, perché in realtà sono ancora ben lontane dall'andare a regime e Perrotta a riguardo ha detto poco.
Guccione incalza Bettelini
Tutto il contrario del consigliere regionale (Pd) Carlo Guccione, che all'indomani della seduta di commissione, fa il punto sulle attuali Usca con una nota al veleno. In servizio, stando al democrat, ci sono in tutto quattro medici e tre infermieri, per cui le attività da martedì a domenica si fermano.
«Non si può continuare con questo pressapochismo, è in gioco la vita dei cittadini. Bettelini si assuma le proprie responsabilità e dia corso anche alle decisioni assunte mesi fa, come quella di creare un nuovo laboratorio in grado di processare i tamponi nello Spoke di Corigliano-Rossano. È inconcepibile che ancora oggi non sia entrato in funzione questo laboratorio visto che quello di Cosenza non è più in grado di gestire e processare da solo centinaia di tamponi al giorno», tuona Guccione all'indirizzo del commissario, rea a suo avviso di aver sottovalutato i rischi di una possibile seconda ondata del virus dopo l'estate.
È successo all'Asp come all'ospedale dell'Annunziata, con decisioni – secondo il consigliere - non in linea coi dettami del Governo e rivelatesi inefficaci per affrontare la nuova emergenza. La ricetta di Guccione per uscirne? «Si prenda in considerazione la possibilità di adottare i poteri sostitutivi perché le Usca siano messe in condizione di poter garantire il monitoraggio e la cura domiciliare dei malati Covid che non hanno bisogno di ricovero ospedaliero.