I dati delle Amministrative dicono che i partiti populisti, in Calabria, non esistono quasi più. Le Comunali 2022, se da una parte certificano il buono stato di salute di Fdi e Pd, dall’altra segnano il calo di Lega e M5s in tutta Italia. In Calabria, tuttavia, la flessione degli ex alleati gialloverdi si è trasformata in una vera e propria disfatta.

Nelle pochissime realtà in cui hanno presentato i propri simboli, per Matteo Salvini e Giuseppe Conte (e dunque per i rispettivi coordinatori regionali, Francesco Saccomanno e Massimo Misiti) sono stati dolori.  

Le Amministrative calabresi hanno certificato la fuga dei partiti – presenti solo in otto Comuni sui 74 chiamati al voto – che hanno preferito mimetizzarsi nelle liste civiche per sostenere sindaci di area, spesso neppure riconducibili a simboli nazionali. La disomogeneità del voto, resa evidente da risultati molto diversi da territorio a territorio, non consente un’analisi lineare e in grado di descrivere una tendenza politica univoca.

È comunque possibile valutare le performance elettorali nei Comuni in cui sono stati presentati simboli ufficiali e in quelli in cui le liste civiche erano direttamente riconducibili a esponenti di primo piano dei partiti.

Lega

Per la Lega calabrese è stata una tornata da incubo. Il simbolo del Carroccio ha incassato solo figuracce: a Palmi si ferma al 4,7%, dato nemmeno così disastroso se paragonato a quelli registrati in altri tre piccolissimi Comuni. A Carpanzano il partito di Salvini ottiene 10 voti e zero seggi, a Castroregio una sola preferenza, a Plataci nessuna. A Cellara la lista ufficiale della Lega non è stata nemmeno ammessa.

Sintesi finale: 11 voti nei tre municipi cosentini e un solo consigliere eletto in tutta la Calabria, a Palmi, definita dallo stesso Saccomanno «città ostica per la Lega». E questo malgrado a supporto dei candidati ci fossero, oltre allo stesso commissario, il consigliere regionale Giuseppe Gelardi e il referente provinciale Franco Recupero.

Nel Carroccio gongola solo il presidente di Palazzo Campanella, Filippo Mancuso, che a Catanzaro ha messo in piedi le prime due liste civiche della formazione di Donato, Alleanza per Catanzaro (7,5%) e Prima l’Italia (6,3%).

Il M5s

Ma il fallimento più grande è quello dei 5 stelle. Il Movimento che nel 2018 aveva sfondato il tetto del 40% ed eletto 18 parlamentari, in queste Amministrative raccoglie solo briciole di consenso. A partire da Catanzaro, dove raggiunge un misero 2,7%, che lo colloca ai margini del campo largo con il Pd, oltre che della vita politica nel capoluogo. Stesso risultato a Paola, città in cui i grillini erano al fianco di Paolo Alampi. Percentuale un po’ più alta ad Acri: 3,2%.   

Il Pd

Nettamente sotto la media nazionale anche il dato del Pd a Catanzaro. Il 5,8% permette al partito di Enrico Letta di piazzarsi al terzo posto nella coalizione di Nicola Fiorita, che sfiderà al ballottaggio il candidato di centrodestra, Valerio Donato, anche grazie agli straordinari risultati delle sue civiche, Cambiavento (7,3%) e Mo’ Fiorita (7,2%). I dem calabresi, guidati dal coordinatore regionale Nicola Irto, ottengono un risultato più incoraggiante ad Acri: 13,8% e prima posizione nello schieramento di Pino Capalbo, che ha mancato l’elezione al primo turno per poche centinaia di voti.

Sarà ballottaggio anche a Paola, dove il Pd ha sostenuto in via ufficiosa la corsa di Giovanni Politano. La lista La migliore Calabria, arrivata al 6,7%, è espressione dell’ex consigliere regionale Dem Graziano Di Natale.

Importante è stato poi il supporto del Pd in altri centri medio-grandi. A Soverato vince Daniele Vacca, “delfino” dell’ex sindaco, ora consigliere regionale del Pd, Ernesto Alecci; a Palmi Giuseppe Ranuccio, da sempre vicino a Irto. Quest’ultimo ha dato il suo contributo anche per le vittorie di Sandro Repaci a Campo Calabro, Giusy Caminiti a Villa San Giovanni e Luca Gaetano a San Ferdinando.

Forza Italia

Nel capoluogo, Catanzaro azzurra, lista ispirata da Forza Italia – primo partito calabrese alle ultime Regionali – raggiunge il 5,8%, un dato che risente della scissione di Antonello Talerico, il candidato sindaco, supportato dall’area dell’ex berlusconiano Mimmo Tallini, destinato a essere l’ago della bilancia al ballottaggio.

Palmi è l’unica piazza in cui Fi ha presentato il proprio simbolo: con il 12% delle preferenze, è la prima forza della coalizione perdente di Giovanni Barone, il candidato sindaco che ha trovato nel consigliere regionale Giuseppe Mattiani uno dei suoi principali sostenitori. I berlusconiani, seppur intruppati in liste civiche, hanno fatto la loro parte a favore di Natale Zanfini ad Acri e di Emira Ciodaro a Paola, entrambi arrivati al ballottaggio.

Il coordinatore regionale degli azzurri, Giuseppe Mangialavori, ha inoltre messo il proprio sigillo sulla vittoria di Sergio Pititto a Pizzo Calabro.

Fdi

Fdi, il partito che in Italia si gioca il primo posto con il Pd e che ha definitivamente sorpassato la Lega nello scontro interno per la leadership del centrodestra, arranca nelle città in cui ha schierato liste ufficiali. Il caso più eclatante è Catanzaro, dove i meloniani raggiungono il 5%, mentre la propria candidata sindaco, Wanda Ferro, centra un buon obiettivo personale grazie al voto disgiunto: 9%. A Palmi va peggio: 3,8%.

I fratellisti se la cavano, invece, in altri Comuni in cui non era presente il simbolo ufficiale. A Praia a mare si impone Antonino De Lorenzo, dirigente provinciale di Fdi e fedelissimo di Fausto Orsomarso. L’assessore della Giunta Occhiuto, assieme alla consigliera regionale Luciana De Francesco, ha avuto un ruolo di rilievo anche per le affermazioni delle liste Grande Paola e Orizzonte Paola, della coalizione di Politano, e di Acri futura, il cui primo eletto è stato il consigliere provinciale di Fdi Salvatore Palumbo.