Oliverio verso la rovina e un corteo di cappellai matti, nani e ballerine che danno consigli

Il riesame ha confermato pari pari il dispositivo del Gip. E ora? I tempi si allungano. Con queste premesse, la vicenda, da pasticcio politico/giudiziario iniziale, rischia di slittare velocemente a pasticcio istituzionale e, altrettanto velocemente, trasformarsi in una farsa dai contorni tragico-comici. E, chiaramente, dagli esiti imprevedibili

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di Pasquale Motta
29 dicembre 2018
19:05
Mario Oliverio e il Cappellaio matto
Mario Oliverio e il Cappellaio matto

Se la vicenda Oliverio prima del riesame si era trasformata in un pasticcio politico/giudiziario, conseguenza anche della reazione scomposta dello stesso Presidente, dopo il pronunciamento del riesame, rischia di diventare un pasticcio istituzionale. Siamo stati tra coloro che, pur criticando ferocemente le reazioni del Presidente della Regione verso la natura delle inchieste che lo hanno colpito, avevamo auspicato (e creduto), che il 27 dicembre la misura cautelare fosse revocata. Invece no. Il riesame ha confermato pari pari il dispositivo del Gip. Ciò ha rafforzato, oggettivamente, l’impianto dell’indagine, la quale è stata aggravata da un ulteriore capo d’accusa: la corruzione.


E ora? I tempi si allungano e non sappiamo nemmeno di quanto. Siamo stati e siamo garantisti sempre. Sono anni che abbaiamo alla luna rispetto ai rischi di essere abbandonati alla mercé di un potere giudiziario che da oltre 25 anni in Calabria come in Italia detta l’agenda della politica, condiziona l’ascesa e il tramonto di questo o quel leader politico. Se siamo a questo punto, la sinistra, il Pd e l’attuale classe dirigente avrà qualche responsabilità? Si può serenamente affermare che la sinistra abbia aperto la strada ai forcaioli del giornalismo e della politica che hanno dominato per tutti gli anni 90 fino ad oggi? E se oggi siamo approdati nell’epoca dell’antipolitica, dell’odio del popolo verso nuovi e vecchi politicanti, al punto da osannare con intenzioni di voto quasi bulgare un mediocre governo nazionale, piuttosto che rivedere al potere le facce che da 25 anni fanno il bello e il cattivo tempo, un motivo ci sarà o no? A noi sembra tutto chiaro. Ma può darsi che ci sbagliamo. Alla classe dirigente che ha determinato tutto ciò, evidentemente no. Mario Oliverio, la si può girare come si vuole, è parte integrante di questa classe dirigente. Da 40 anni domina la scena politica e istituzionale della sinistra calabrese. E, dunque, si porta dietro la sua quota di responsabilità.


Se hai un passato nel quale hai tifato per la caduta della prima Repubblica per mano giudiziaria. Se hai tifato per la caduta di Berlusconi per mano giudiziaria. Se hai tifato per la caduta di Peppe Scopelliti per mano giudiziaria. E se hai liquidato la tua Giunta regionale e il tuo Presidente del Consiglio regionale per mano giudiziaria, qualcuno alla fine potrà chiederti il conto degli atteggiamenti che hai assunto in termini di richiamo alla coerenza politica. Noi siamo stati tra questi. Abbiamo sottolineato, cioè, l’incoerenza di un presidente che, trovandosi nelle stesse condizioni nelle quali si sono trovati i suoi avversari politici e i suoi stessi compagni di partito, non ha inteso percorrere la strada che egli ha sollecitato per gli altri, anzi, ha reagito in maniera diametralmente opposta, con un attacco violento nei confronti di quella magistratura per la quale ha richiesto rispetto, quando le indagini riguardavano i suoi avversari politici interni o esterni. Tutto ciò, con la disputa garantismo/giustizialismo non c‘entra un fico secco.

Per aver rilevato questa enorme contraddizione politica ci sono piovute addosso una tempesta di accuse che sono sfociate fino all’insulto e all’offesa personale. Ce ne faremo una ragione e continueremo a svolgere il nostro lavoro seguendo una sola bussola: l’onestà intellettuale, retaggio che ci portiamo sulle spalle (con orgoglio) da un passato del quale non ci vergogneremo mai. E, dunque, approfittiamo di questo assist che ci è stato offerto con tali attacchi, per una breve e parziale disgressione dal tema, per dedicare un pensiero a chi, pur essendo un caro amico o ex, ha voluto farci omaggio, seppur non citandoci, alla vigilia di Natale, di un pensiero al vetriolo e, per certi aspetti, miserabile. Oltre a farci passare per “neo forcaioli”, ha aggiunto un condimento velenoso, e cioè, descriverci come “traditori senza dignità”, rei di aver preso le distanze da quel campo del quale, egli, invece, continua lealmente a far parte (sic).


Vogliamo bene a questa persona e, nonostante la subdola e miserabile insinuazione, nutriamo per lui sentimenti di affettuosa comprensione umana, soprattutto per la dedizione con la quale si dedica senza incertezze e dubbi, a religioso custode dell’ideologia dei “capi tribù” di quel campo “tradito”, dimostrando quotidianamente una pazienza sovraumana nel tollerare le ire e i capricci e la volgarità della delirante ambizione di potere della “zarina (rossa)” calabrese, che tollera la libertà di stampa e di opinione solo quando si parla bene di lei. Diceva Voltaire che il dubbio non è piacevole ma la certezza è ridicola. Soprattutto quella sugli uomini, aggiungiamo noi. E ci fermiamo qua, diversamente dovremmo avventurarci nell’elencare i cambi di campo dei “capi tribù”, oggetto della religiosa dedizione e furente difesa del nostro amico, e allora sì, che sul concetto di “tradimento senza dignità”, si potrebbero riempire decine di testi per le aule accademiche calabresi. All’amico o ex, che mi ha voluto omaggiare alla vigilia di Natale di una lezione di coerenza e lealtà, faccio sommessamente e semplicemente osservare: ce ne vuole di fegato per trovare una giustificazione a tutte le giravolte dei suoi capi tribù, e accusare, invece, di tradimento chi ha semplicemente sostenuto che certi atteggiamenti descritti nella lettura degli atti d’indagine sono un’offesa alla storia e alla dignità della sinistra.


Leggendo quelle carte, infatti, abbiamo compreso ciò che si muove intorno al Presidente sul piano politico, di come gira il potere in Calabria, in Regione e nel Pd. Il tradimento senza dignità della storia e del patrimonio politico del quale siamo stati parte, è contenuto in quelle carte e non solo. Intendiamoci, fatti assolutamente noti, ma che, tuttavia, impressi sugli atti fanno ancor più ribrezzo. Da tutto ciò abbiamo tratto un'amara conclusione: c’è una classe dirigente che si è trasformata in un gruppo di potere e, da tempo, ormai, costoro, rappresentano la zavorra da cui una sinistra libera e credibile deve liberarsi al più presto, se vuole riacquistare un briciolo di credibilità. E da questa zavorra bisogna liberare la Calabria e i calabresi.


Questo era ed è il nostro pensiero. Se il nostro caro amico, non vede tutto lo squallore intorno al declino di questa classe dirigente e vuole continuare a fare il capo della polizia politica dei capi tribù, non gli serbiamo rancore, indossare i panni di Lavrentii Beria, braccio armato di Stalin però, non gli viene bene, se non altro perché Beria, ha rappresentato l'impersonificazione del male. Il nostro amico, invece, è buono, c’è da ritenere, infatti, che la sua dedizione sia semplicemente dettata dall’ingenuità. Crediamo tuttavia che, se c’è un personaggio al quale possiamo accostare il nostro amico, ma non solo lui, sia chiaro, potrebbe essere quello del Cappellaio Matto, un personaggio inventato da Lewis Carroll che abitava nel Paese delle Meraviglie. Il personaggio era uno dei tanti sudditi della Regina di cuori. Cappellaio fallito, era dedito solo a gozzovigliare, era stato accusato di "ammazzare il tempo" e così da quel momento il Tempo, risentito, per lui ed i suoi compagni si fermò alle cinque. Ecco, c’è da ritenere che per il nostro amico, e per altri sudditi dei capi tribù di cui stiamo scrivendo, il tempo sia fermo ad un’ora immaginaria. A costoro, suggeriamo sommessamente di spostare le lancette dell’orologio nel tempo reale, forse potreste prendere coscienza della realtà. Sarà traumatico ma, comunque, potrebbe essere una catarsi necessaria per ricominciare la militanza politica su basi nuove.


Ma torniamo alla politica. A questo punto viene da chiedersi: questa Regione può permettersi di essere paralizzata dalla limitazione (geo)fisica del Presidente a svolgere la propria funzione? Allo stato, una cosa è certa: Oliverio ha comunicato di non volersi dimettere. Il nostro giudizio sull’operato di governo è netto da tempo. Quella di Oliverio si è rivelata una pessima Giunta. Le speranze che aveva suscitato si sono rivelate il più grande fallimento della sinistra di governo in questa Regione. Tante chiacchiere, pochi fatti. Nessuna spinta propulsiva al rinnovamento e alla riforma. Una Giunta che si è rivelata impotente di fronte ad una burocrazia corrotta e inamovibile. Oliverio è stato incapace di rimuovere un solo tassello nel puzzle della maleodorante struttura amministrativa calabrese.


La guerra con il commissario Scura ha paralizzato la sanità
. Il risultato è evidente: spesa ferma, crescita ferma, snellimento della macchina amministrativa fermo. Anche in quanto a trasparenza e procedure di gare, nulla è cambiato rispetto al passato. Affidamenti diretti e sotto soglia a mani basse. Iniziative estremamente discutibili nel campo del Turismo, dei servizi, della promozione della Regione e della stessa cultura. Milioni di euro distribuiti senza logica apparente. Il nostro, dunque, è stato un giudizio incalzante, a cominciare dalla farsa del “Cantiere Calabria” che si tenne per tre giorni presso l’Unical di Cosenza. Da allora, come avevamo scritto e previsto, nulla è cambiato, nulla si è mosso. Le chiacchiere, invece, hanno continuato a scorrere a fiumi.


Ora la domanda è semplice: fra dieci mesi è fissata la fine naturale della legislatura, Oliverio è in condizione con questa Giunta e nella sua condizione giudiziaria di imprimere una svolta alla Regione? A noi la cosa appare estremante difficile. Vediamo dietro l’angolo la catastrofe politica, la paralisi amministrativa e la burocrazia corrotta sempre più forte. Non sappiamo chi consiglia il Presidente in queste ore, certo, se sono gli stessi consiglieri che hanno suggerito lo sciopero della fame, o peggio l’attacco frontale al procuratore della Repubblica, dubitiamo che nelle prossime ore possano venir fuori decisioni nell’interesse dei calabresi e delle sue istituzioni. Anzi, siamo molto preoccupati dell’eventualità che, con queste premesse, la vicenda, da pasticcio politico/giudiziario iniziale, slitti velocemente a pasticcio istituzionale e, altrettanto velocemente, si trasformi in una farsa dai contorni tragico-comici. E, chiaramente, dagli esiti imprevedibili.

Pasquale Motta

Giornalista
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