Gli intollerabili pruriti dell’on. Fernando Aiello

'Qualcuno credeva di essere comunista ma era qualcos'altro' cantava Gaber che per fortuna non ebbe la sventura di conoscere il parlamentare di Rogliano
di Pasquale Motta
13 novembre 2015
09:12

Abbiamo appreso poche ore fa che l'onorevole Ferdinando Aiello ci ha querelato per diffamazione proponendoci la procedura di mediazione civile attraverso la camera di commercio di Vibo. Sì, avete capito bene, si tratta di Ferdinando Aiello, parlamentare del partito democratico eletto nelle liste di SeL, partito che poi ha rapidamente abbandonato per sposare la causa del renzismo spinto del parlamentare Ernesto Carbone. "Qualcuno credeva di essere comunista ma forse era qualcos'altro", cantava quel genio di Giorgio Gaber che, per fortuna, non ebbe la sventura di conoscere la fine della militanza comunista del parlamentare di Rogliano. Ma torniamo al nocciolo della questione: perché ci ha querelato l'on. Ferdinando Aiello? Qualcuno potrebbe ritenere che su Aiello fosse stato pubblicato un pezzo basato su qualche indiscrezione giudiziaria, su qualche intercettazione telefonica equivoca, e' noto a tutti, infatti che, di questi tempi, circolano carte e indiscrezioni, su imminenti ed eclatanti inchieste giudiziarie, tuttavia, noi, per linea editoriale, non siamo tra gli estimatori di quel modello giornalistico, quello cioè, che riferisce di informative, o peggio, pubblica deduzioni investigative ancora tutte da valutare sul piano giudiziario. Non abbiamo nemmeno riferito di iniziative politiche del parlamentare del Savuto, anche perché, pur volendo valutare la qualità del suo lavoro parlamentare, ci sarebbe poco da valutare, considerata la scarsa, o quasi nulla, produzione di atti parlamentari. No,niente di tutto questo, il compagno Aiello non ci ha querelato per cose del genere, ha trovato il tempo per querelarci, invece, per un pezzo di satira contenuto nel contesto di una rubrica satirica pubblicata sulla nostra testata, denominata "SQUALLOR STORY". Non comprendiamo quali siano i passaggi del pezzo satirico che hanno prodotto l'irritazione del console carboniano in Calabria, e per la verità, a questo punto, nemmeno ci interessano. Non ci è dato sapere se l’on. Aiello si sia offeso perché gli abbiamo detto che una volta vestiva male e, oggi, invece, veste bene grazie ad un buon sarto napoletano, oppure, perché gli abbiamo ricordato le continue cene goliardiche alla mensa di qualche quotato imprenditore cosentino, fatto sta che, si è irritato di brutto, e ci ha chiesto un risarcimento danni. A questo punto, ogni irritazione che si rispetti e che provochi prurito, poi si manifesta quasi sempre con una eruzione cutanea. Ed eruzione cutanea fu. Infatti, prima della querela, il compagno neo renziano della valle del Savuto, ha pensato bene, anzi male, di risolvere il problema chiedendo direttamente e indirettamente la testa del direttore (cioè la mia) al mio editore, un pressing fatto a base di messaggini, qualche telefonata domenicale, quale messaggio indiretto, facendo intendere che, l’epurazione di chi scrive, avrebbe certamente “giovato” a tutta l’azienda editoriale. Insomma, una bella concezione della libertà di stampa e di satira da parte di chi, come l’onorevole Aiello, fino a qualche mese fa, ammantato di bandiere rosse faceva i girotondi contro l'egemonia mediatica di Berlusconi. Storia rinnegata, considerato che, oggi invece, è passato dai girotondi per la libertà di stampa ai messaggini finalizzati al licenziamento dei giornalisti scomodi a lui e ai suoi amici. Peccato per lui però, l’on. Aiello non aveva messo in conto che ancora qualche editore libero esiste in Calabria, il quale, ha rispedito al mittente l’insana richiesta. È solo a questo punto che il “democratico” Aiello, non ha saputo fare altro che, mettere in atto la tipica e subdola intimidazione verso giornalisti ed editori: la richiesta del risarcimento civile.

E’ evidente che all’on. Fernando Aiello la libertà di satira e di critica produce, molto probabilmente, un intollerabile prurito. Bene, ne prendiamo atto. E da oggi, stia sicuro che, “ci prenderemo la briga e di certo anche il gusto”, come cantava De Andre’, di grattagli per bene la schiena, fino a fargli passare ogni forma di prurito e intolleranza verso il sacrosanto diritto di satira e di cronaca.
In conclusione, che si può dire di questa miserabile vicenda? Poco, molto poco, se non constatare in quali mani è finita la sinistra italiana. La sinistra di Bobbio, di Foa, di Poerio, di Garofalo, ereditata indegnamente da "personaggetti", per dirla alla maniera del governatore della Campania, i quali, si sono trasformati in tanti Frankenstein della sinistra italiana pronti a sbranare coloro che li hanno inventati. Personaggi che, per anni, si sono nutriti di slogan che inneggiavano alla libertà e alla democrazia e che, oggi, fanno sfoggio di atteggiamenti neopadronali, tipici di coloro che, pensando di essere impuniti e potenti, magari perché coperti da qualche capobastone romano,, credono o meglio si illudono, di potersi consentire tutto.
All’on. Aiello, per un attimo, consigliamo di voltarsi indietro e guardare da quale storia proviene, per verificare se ancora quella storia gli provoca qualche rigurgito emotivo, se ciò avvenisse, siamo sicuri che si vergognerebbe almeno un po’. Sappiamo bene che in questa epoca di mercanti, i voltagabbana sono molto ricercati, e tuttavia, ci sentiamo in dovere di dire all’on. Aiello che era molto ma molto più degna di stima, la semplicità della milizia politica al focolare roglianese dalla quale egli proviene piuttosto che, la prepotenza, il rampantismo, l'amicizia con ricchi casati.. Ma la cosa peggiore di tutte, nella deriva politica di chi ha abiurato storie e valori di riferimento, è la manifestazione plateale dell’arroganza del potere, l’arroganza di coloro che,, credendosi “arrivati”, forse, non si sono resi conto che non non sono mai partiti. Forse, chissà, se Gaber avesse vissuto una storia come questa, avrebbe aggiunto qualche altra strofa alla sua canzone, tipo: “Qualcuno era comunista, perché era già un mariuolo e non voleva che si sapesse ”.


Pasquale Motta

Giornalista
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