Questione d’identità

Viva l’Italia, quando il nazionalismo “inquina” le proposte per rinnovare la scuola

Dall'invito a non studiare la preistoria e i dinosauri al privilegiare i punti di vista di Chiesa e forze dell'ordine. Idee contenute in un libro destinato a far discutere

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di Carlo Crippa
5 agosto 2024
16:10

Gli insegnanti più coscienziosi – e ce ne sono, mi si creda sulla parola – si pongono tutti i santi giorni alcune domande piuttosto importanti, alle quali è difficile rispondere in senso assoluto: a cosa deve servire la scuola? In che cosa consiste una buona educazione? È sufficiente acquisire istruzione – o, come si dice oggi con un termine più alla moda, “competenza” – senza aveva una visione del ruolo sociale che hanno le proprie competenze? Fino a che punto si deve arrivare nel promuovere un pensiero critico?

Ebbene non c’è traccia di questi dubbi – e di dubbi in genere – nel libro "Insegnare l’Italia. Una proposta per la scuola dell’obbligo" di Ernesto Galli Della Loggia e Loredana Perla, un pamphlet di cento pagine diviso in quattro capitoli fraternamente divisi tra gli autori, due di Galli Della Loggia e due di Loredana Perla, che si propongono di orientare la scuola italiana intorno all’asse di una non meglio precisata “identità italiana” e non riuscire a precisare cosa sia l’ “identità italiana” dopo cento pagine richiede indiscutibilmente un talento di cui ai due autori bisogna dare atto.


Beh, si dirà, allora?
Allora l’“identità italiana” non viene precisata, ma in compenso viene detto che, in qualsiasi senso intesa, essa è “distinzione”, non “esclusione”.

Si tratta evidentemente di una “excusatio non petita”, perché si suppone che il concetto di “distinzione” sia più innocente di quello di “esclusione”, che suona marginalizzante.
Ma il punto è proprio questo concetto a conferire un tono di becero nazionalismo a vuoto all’intero lavoro.

“Distinzione” da che? Per forza di cose da altro ed, altrettanto per forza di cose, un “altro” certo non definito grossolanamente “inferiore” ma, appunto, “non distinto”. Eh, già.
Questo è il nucleo dannoso di questo libro.

Tutto il resto è invece semplicemente inutile, una caterva di stereotipi, di sgangherati sofismi, sconcertanti banalità, cantonate teoriche (ad esempio, la “tradizione” fatta coincidere tout court con la storia nazionale), disonestà e sciatteria intellettuale, giudizi da pranzo domenicale in trattoria e tante, tante, tantissime sciocchezze, tenute insieme da una serie di “per intenderci”, “lo sappiamo”, “è innegabile”, “si sa”., per mancanza, questa sì innegabile, di argomentazione logica.

Tra le principali “perle” di Insegnare l’Italia ci sono gli inviti… l’invito a non studiare la preistoria ed i dinosauri, che non sono abbastanza “nazionali” e poi fanno venire a bambini e  ragazzetti la vertigine dell’“abissale vortice” della “prospettiva globalista” e l’angoscia della “poli-identità” (sì, proprio così), l’invito a considerare soprattutto la storia italiana, concedendo al massimo un po’ di attenzione alla storia dell’antica Roma, dalla quale l’Italia “naturalmente” discende (e questo forse ci ricorda qualcosa) ed, infine, l’invito a privilegiare “il senso religioso” ed il “lato positivo” della Chiesa e delle forze dell’ordine, in particolare i carabinieri, con i quali, secondo Ernesto Galli Della Loggia – e giuro che non scherzo, i bambini “si identificano” spontaneamente.

Ma ce n’è per tutti i gusti,  la “obbligatorietà” del Pinocchio di Collodi e del Cuore di Edmondo De Amicis, in particolare di Cuore, definito “un dispositivo didattico perfetto per insegnare le coordinate di popolo, …, quelle che ogni bimbo o bimba dovrebbe … interiorizzare”, la liquidazione senza appello della “pedagogia sessantottina” (“che ha lasciato in eredità ai suoi posteri mille ed una mela avvelenata”), la rimozione delle differenze di classe o di genere e la grottesca raccomandazione di realizzare “sit coms” italiane con bandiere tricolori, centurioni romani, Garibaldi, carabinieri e…Mussolini come varie “ciliegine” sulla torta.

Ma poi perché fermarsi lì? Si potrebbe pensare a corsi altrettanto obbligatori di “casseula” o di pizza e seminari sull’evoluzione storica del mandolino o sullo sviluppo del concetto di “paese del sole” nella storia dell’arte e percorsi didattici sulla fenomenologia dei “martinit” meneghini.

Intendiamoci, di qualsiasi argomento si può parlare in maniera intelligente, ma senza farne un uso contundente o, peggio ancora, trasformando un argomento in un “vessillo” nazionalista. 

Ernesto Galli Della Loggia non è nuovo a queste amenità. Lo è invece Loredana Perla, che non solo, ahinoi, è docente universitaria ordinaria all’ateneo di Bari ma anche, cosa ancora più grave, coordinatrice della commissione recentemente costituita dal ministro Valditara per dare nuove regole alla scuola italiana. 
C’è più di una ragione per essere preoccupati.

di Carlo Crippa
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