Una battuta umiliante può distruggere l’autostima di una persona. Un’esclusione sistematica può generare solitudine e depressione. Un ambiente lavorativo fatto di pressioni, critiche ingiustificate e manipolazioni può portare al burnout. Non possiamo più chiudere gli occhi
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Viviamo in un mondo che riconosce la violenza solo quando è evidente. Un pugno, un insulto gridato in faccia, un atto di aggressione fisica. Ma la violenza non è solo questo. Esiste una forma più subdola, più silenziosa, che si insinua nelle relazioni, nel linguaggio, nelle abitudini quotidiane, e che, proprio perché invisibile, è ancora più pericolosa: la violenza celata. Quante volte sentiamo frasi come "Stavo solo scherzando" dopo una battuta umiliante? Quante volte un silenzio ostile punisce qualcuno senza una parola? Quante volte il giudizio, la svalutazione costante, le pressioni psicologiche vengono fatte passare per “normali” dinamiche relazionali? Il problema è che ci siamo abituati. La società ci ha insegnato che certe cose sono “accettabili”, che certe parole “non sono poi così gravi”, che certi comportamenti “fanno parte della vita”. Ma la realtà è che tutto ciò ha un peso. Una frase ripetuta ogni giorno può distruggere un’autostima. Un’esclusione sistematica può generare solitudine e depressione. Un ambiente lavorativo fatto di pressioni, critiche ingiustificate e manipolazioni può portare al burnout.
La violenza celata non si vede, ma lascia ferite profonde. Il vero problema è che questa forma di violenza, proprio perché non viene riconosciuta come tale, continua a riprodursi. Chi la subisce finisce spesso per accettarla come normale e, inconsapevolmente, può diventare a sua volta autore di comportamenti tossici. È un ciclo che si alimenta della nostra indifferenza. Quante volte abbiamo sentito dire "Se ti tratta così, è perché gli piaci" a un bambino preso in giro dai compagni? O "È solo il suo carattere", di fronte a un partner che svaluta e controlla? Quante volte abbiamo visto qualcuno isolarsi per colpa di atteggiamenti tossici e nessuno ha fatto nulla? Ogni volta che minimizziamo, stiamo contribuendo a perpetuare questa violenza. La violenza celata va smascherata, e per farlo serve un cambiamento culturale. Dobbiamo imparare a riconoscere che la violenza non è solo fisica o verbale, ma anche emotiva, psicologica, sociale. Dobbiamo prestare attenzione ai dettagli. Le parole hanno un peso. Non tutte le offese si manifestano con insulti espliciti. Anche un commento passivo-aggressivo o un'allusione continua possono distruggere una persona.
L'indifferenza è una forma di violenza. Ignorare qualcuno, farlo sentire invisibile o escluderlo sono comportamenti dannosi, specialmente in contesti come la scuola e il lavoro. La pressione sociale può essere una gabbia. Costringere qualcuno a rispettare aspettative irrealistiche, a reprimere le proprie emozioni o a sentirsi “sbagliato” è una forma di abuso. Se non iniziamo a prestare attenzione a questi segnali, la violenza celata continuerà a crescere, fino a sfociare in qualcosa di più grande e grave. Tutte le forme di violenza iniziano da piccoli segnali che spesso ignoriamo. Un partner controllante può diventare violento. Un datore di lavoro che umilia può distruggere psicologicamente un dipendente. Un bambino che subisce costanti prese in giro può perdere la fiducia in sé stesso per tutta la vita.
Non possiamo più chiudere gli occhi. Dobbiamo smettere di giustificare, minimizzare e accettare. La violenza celata è reale, e finché continueremo a ignorarla, ne saremo complici. Guardiamo meglio, parliamo di più, e soprattutto, impariamo a dire basta.