Le dimissioni del ministro

Sangiuliano, Meloni e gli altri: in Italia la situazione politica non è grave, è comica

La vicenda del titolare della Cultura segue a ruota le altre, come quella di Pozzolo e Santanchè. A mancare del tutto è il senso dello Stato. La premier ha perso una grande occasione: cambiare il Paese facendo i conti con il passato, rompendo con estremisti, corrotti e inquisiti 

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di Franco Laratta
6 settembre 2024
19:35

E così il ministro Sangiuliano si è dimesso! Ci ha messo un bel po’ a capire che doveva andarsene. Come la Meloni che di questa vicenda non ha capito la sua estrema pericolosità. E ha addirittura assolto il ministro. Vicenda davvero squallida.

Come diceva Ennio Flaiano: «In Italia la situazione politica è molto grave, ma purtuttavia non è seria».


Ma oggi, in Italia, la situazione politica non è grave, è prima di tutto comica. Abbiamo toccato il fondo, siamo scivolati nei bassifondi del ridicolo. E un buon politico sa che può essere accusato di corruzione, malaffare e incompetenza. E sopravviverà. Ma non si salverà mai dall’accusa di essere ridicolo, patetico, comico. Nessuno può sopravvivere davanti a una risata. «Una risata vi seppellirà» disse nell'ottocento l'anarchico Michail Bakunin.

Una risata ha subito seppellito il ministro Sangiuliano che nei 15 minuti, generosamente concessi da quel che rimane del Tg1, ha fatto meglio di Stanlio e Ollio e Checco Zalone messi insieme. Di suo ha poi aggiunto la commozione e le lacrime. Perfettamente ridicolo, nelle mani di una donna della quale ancora sappiamo poco ma sospettiamo molto: per chi lavorava? Perché registrava e filmava i luoghi "segreti" delle istituzioni ? Perché viaggiava nelle auto ministeriali? Perché oggi parla di ricatti e lascia intendere di complotti nascosti?

Una grassa risata ha seppellito Sgarbi, che chiude una confusa e scomposta carriera politica con l’accusa di riciclaggio di beni rubati, in relazione a un dipinto di sua proprietà di cui è stato denunciato il furto nel 2013. Per essere all’epoca sottosegretario ai Beni culturali non è poco!

Una grande tragica risata ha investito Emanuele Pozzolo, il deputato di Fratelli d'Italia dalla cui pistola è partito il colpo che ha ferito un uomo al veglione di capodanno del sottosegretario Andrea Delmastro.

E che dire della ministra del Turismo che risulta indagata in due inchieste per truffa ai danni dell'Inps e per falso in bilancio. E resta lì con la benedizione della presidente del Consiglio.

Mille risate hanno seppellito Piero Fassino denunciato per il furto di un profumo da 100 euro. Una storia ridicola che ha distrutto un uomo politico mai chiacchierato prima.

Il senso del ridicolo sta travolgendo anche Giorgia Meloni che troppo spesso non riesce a contenere facce, faccine, smorfie e quell’accento romanesco che sa troppo di volgare periferia! Qui poi manca del tutto il senso dello Stato e «le physique du rôle» che se non ce l’hai non te lo può dare nessuno.

Una grande occasione ha perso Giorgia Meloni: quella di cambiare l’Italia facendo i conti col passato. Avrebbe dovuto e potuto avvicinarsi ai modelli europei apertamente democratici, conservatori e prima di tutto antifascisti. La grande occasione che ha perso è quella di essere e apparire una donna libera da condizionamenti, una leader giovane, aperta e moderna, che rappresentasse una destra moderata europea e finalmente anche una sana alternativa nel nostro paese. Lei ha perso la più grande occasione della sua vita: quella di fare pulizia, di rompere i contatti con gli estremisti che hanno condizionato il suo partito, di allontanare i corrotti e gli inquisiti dal governo, alcuni dei quali hanno ricevuto nel tempo sostegno e finanziamenti. Avrebbe dovuto cambiare radicalmente il paese, ma alla fine non ha fatto altro che rimanere sé stessa e quello che è sempre stata: una modesta leader ancora condizionata da un passato odioso che ha segnato la storia dei primi decenni del ‘900.

Peccato, perché di una destra democratica ed europeista avevamo bisogno in Italia. E lei poteva e doveva costruire. La strada l’aveva tracciata Fini, l’unico che aveva capito molto dell’Italia e del suo futuro.

di Franco Laratta
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