È curioso come alcune parole vengano utilizzate in contesti opposti al loro significato. Per esempio, la parola “domani” viene sempre usata nel giorno che domani non è. E se domani dirò “domani” sarà già un altro giorno.

Qualcosa di simile avviene con la parola “deterrenza”. Il termine indica il dissuadere qualcuno dal compiere qualcosa, impedire che qualcosa avvenga. Il termine però è recentemente utilizzato nel dibattito pubblico senza che si faccia riferimento ad aspetti che ne possano limitare l’applicazione. Il problema – sia chiaro – non è il termine in sé, ma il concetto: il fatto che si ritiene che una minaccia incomba su di noi e che occorra tutelarsi, senza però considerare fino in fondo delle misure che vadano alla radice del problema.

Ma passiamo ai fatti e i fatti a cui mi riferisco sono due ed entrambi riempiono la cronaca nazionale: il piano di riarmo europeo e il reato di femminicidio. Due situazioni diverse, sì, ma che si tenta di affrontare secondo la medesima strategia: scongiurare l’esercizio della violenza con la minaccia di una punizione.

Da un lato, il piano di riarmo europeo è considerato da molti come unica soluzione contro una possibile offensiva russa. Solo il possesso di armi nucleari – secondo questa posizione – potrebbe avere “effetto deterrente” rispetto a quelle che si presuppongono essere le mire espansionistiche di Putin. D’altro lato, il disegno di legge, presentato lo scorso marzo alle Camere, sul reato di femminicidio prevede il riconoscimento di quest’ultimo come reato autonomo ed un inasprimento delle pene in merito. Soprattutto è enucleata l’idea che la pena dell’ergastolo possa avere un “effetto deterrente” nel prevenire il compimento di tale reato.

Ci troviamo davanti a due problemi che minacciano la società e la convivenza civile. È comprensibile – forse anche necessario – che esista un sistema di punizione e difesa. Detto ciò, è anche abbastanza chiaro che la sola deterrenza non può costituire una valida risposta a tali problemi, di cui andrebbero indagate le cause, in modo da poter intervenire in modo attivo sulla prevenzione. L’applicazione della sola logica deterrente cela una grande sconfitta: la sfiducia nel potere dell’educazione e del dialogo.
In altre parole, serve qualcosa che agisca come deterrenza alla deterrenza.