In qualità di responsabile Assimec Calabria, mi rivolgo essenzialmente ai deputati nazionali della Calabria. Nella nostra terra esiste un proverbio che più o meno dice cosi: U saziu ‘un cridi allu diunu, cioè chi ha la pancia piena non riesce a credere che c’è gente che muore di fame. Ciò per dire che molte “dimenticanze” riscontrate nei vari decreti appena usciti sono appunto determinate dalla realtà che recita questo proverbio.

Il decreto Riparti Italia di maggio è nato e non mi sento di dare colpe a nessuno, in un momento difficilissimo per tutti, per chi ci governa e per chi è governato. La critica fine a sé stessa non serve a niente, serve solo ad alimentare polemiche politiche di maniera per sperare di beneficare di qualche voto in più. Ecco perché il mio vuole essere solo un contributo per cercare di migliorare le cose guardando le norme da un’altra angolazione rispetto al governo.

Ora, venendo al punto e se non sto sbagliando, nel nuovo decreto non si parla di una proroga dell’art. 11 del DL Decreto di Liquidità sulla “Sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito” nel periodo dal 9 marzo al 30 aprile fase 1, lock down.
Allora chiedo ai parlamentari calabresi di riflettere che niente è cambiato in meglio per le imprese rispetto alla fase 1, anzi!
Vorrei che si riflettesse che non ci sarebbe stato bisogno di ulteriori proroghe dell’articolo 11 se le banche avessero elargito quei prestiti di 25.000 euro tanto decantati dal decreto liquidità. Ma non è stato così.

Le imprese non hanno ricevuto alcun sostegno di liquidità. Allora? Con quali risorse dovrebbero onorare il pagamento dei titoli scaduti “tornati indietro impagati” o non presentati in attesa del 30 aprile.

Lo so che è difficile riflettere a queste “piccole” cose per chi non ha questi problemi, ma la maggior parte dei commercianti, piccoli imprenditori, famiglie, in questi giorni vivranno questo grandissimo problema ed ecco perché è importante che ve lo “ricordi”.
Non so quanti parlamentari di governo e di opposizione risponderanno al mio appello, ma certamente non ci fermeremo qui e annoteremo chi ha voluto dare voce a queste richieste. Sono contento che la Confcommercio con il suo Presidente Pietro Falbo e il suo vice precidente Francesco Di Lieto abbiano preso posizioni serie contro questo modo “egoistico” e rigido da parte delle Banche in contrasto netto a quanto deciso dal governo nel decreto liquidità.

Invero o il governo ha detto una serie di fandonie e deve pagarne le conseguenze, o le banche saranno corresponsabili di eventuali danni (protesti, sospensione utenze, insolvenze, fallimenti ecc) che le imprese dovessero subire dalla mancata erogazione dei 25.000 euro e quindi anche dei titoli che eventualmente andranno insoluti.

Oggi è quanto mai più necessario che durante il dibattimento parlamentare del decreto Rilancio Italia si inserisca la proroga dell’articolo 11 per tutto il 2020.

Solo così, paradossalmente, si potranno garantire sia i debitori che i creditori. Un creditore non se ne fa nulla di una società debitrice protestata, iscritta alla CAI che non potrà mai più fare accesso al credito per poter sopravvivere e onorare i propri debiti. I creditori non se ne faranno niente di una società debitrice pronta a fallire.

Non voglio credere che l’avere scordato l’ inserimento della proroga nel decreto di maggio sia una scelta spinta delle varie organizzazioni mafiose per poter avere ancor di più mano libera e tempo per poter offrire il loro “servigio” con prestiti usurai al fine di accaparrarsi aziende sane, futuro mezzo di riciclaggio!.. Ma a volte dubitarlo non è male.
Mi pare che il procuratore Gratteri non sappia più cos’altro fare per allertare la politica su questo fenomeno!



Attendo risposte dagli onorevoli e chiedo al Presidente Pietro Falbo di perorare questa causa perché saremo in molti a cadere sotto la falcidia delle Banche se il Decreto rilancio non dovesse essere emendato in parlamento in tal senso.

Infatti, se le aziende sane fino all’inizio dell’emergenza sanitaria stanno oggi subendo “angherie” generiche dalle Banche nonostante che la ratio del decreto Cura Italia fosse quella di dare subito liquidità alle imprese fino a 25.000 euro con garanzia al 100% dello stato e senza valutazione del merito creditizio, figuratevi domani quando un grandissima parte dei piccoli imprenditori, commercianti, artigiani si potrebbero trovare iscritti alla Cai o protestati iscritti alla Camera di Commercio?



Ecco perché non c’è più tempo per stare zitti. Bisogna agire ed avvisare i nostri parlamentari che tra qualche mese, se non si procederà con urgenza a misure mirate come questa, non ci saranno più commercianti ed imprenditori ancora fiduciosi su un futuro migliore, ma persone esasperate che potrebbero compromettere la tenuta sociale di questo Paese. E a questo non ci si deve assolutamente arrivare.

 

Francesco Grandinetti, presidente Assimec