Elezioni

La Francia vira a sinistra, l’analisi sulla vittoria (inaspettata) del Nuovo fronte popolare

Un risultato che va in direzione opposta a quella delle recenti elezioni europee, dove invece si è registrato un innegabile successo della destra

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di Carlo Crippa
16 luglio 2024
16:57
Il leader di La France Insoumise, Jean-Luc Melenchon, esulta per il risultato del Nuovo Fronte Popolare
Il leader di La France Insoumise, Jean-Luc Melenchon, esulta per il risultato del Nuovo Fronte Popolare

Al secondo turno delle elezioni politiche in Francia la nuova alleanza di sinistra, anzi, chiamiamo le cose con il loro nome, il nuovo Fronte Popolare ha vinto non solo sul partito Ensemble pour la République del leader conservatore uscente Emmanuel Macron, ma anche sul preoccupante Rassemblement National di Marine Le Pen, cioè il vecchio Front National in versione cartello elettorale di destra sia generica che apertamente fascista, anche se non ha raggiunto la maggioranza necessaria per governare.

È stato un risultato inaspettato, che va in direzione opposta a quella delle recenti elezioni europee, dove invece si è registrato un innegabile successo della destra, un successo che la, per fortuna di tutti, con ogni probabilità sarà incapace di gestire ed ottimizzare.


Tutto è nato da un banale patto di desistenza che il centro conservatore e governativo e la sinistra hanno stretto di fronte all’evidente vittoria della destra al primo turno.

  Sono buone abitudini da democrazia matura, soprattutto quando è in gioco la possibilità di un ritorno al fascismo, sì, proprio al fascismo, perché è di questo che si tratta, perché nelle democrazie mature si tiene molto all’identità antifascista.

Solo che qui la desistenza, invece di “salvare” il risultato iniziale di Macron, ha decretato il successo della sinistra, anche se questo costringerà il centro e la sinistra ad una convivenza governativa che nessuno desidera ma che appare come l’unico possibile sbocco immediato.  

Dopo la sconfitta il Rassemblement National  ha annunciato che entrerà nel nuovo gruppo parlamentare europeo Patrioti per l’Europa creato dal partito del primo ministro ungherese Viktor Orbán, cioè dell’uomo che più di ogni altro ha fatto per resuscitare la peggiore cultura fascista del suo paese che, non lo dimentichiamo, è stato storicamente il primo regime fascista europeo in senso assoluto.   

Di fronte alla vittoria elettorale della destra in Europa ed alla vittoria a sorpresa della sinistra in Francia qualche riflessione, forse banale, è d’obbligo.

  Prima riflessione: se la destra ha vinto le elezioni in Europa è perché da danni la finta sinistra continentale, con la sua ossessione autistica di non volere cambiare niente dell’Unione Europea, dittatura bancaria e finanziaria compresa, ha regalato milioni di ragioni alla destra più o meno populisteggiante, che si è trovata così a pescare voti, moltissimi voti, anche fuori dall’alveo dell’area elettorale storicamente fascista.

  Seconda riflessione: se destra e centro in Francia hanno fatto, volentieri o meno, la desistenza è perché, come si diceva, in Francia si tiene ancora molto all’identità antifascista, il che significa che la cultura politica democratica senza ulteriori aggettivi è in migliori condizioni che in altri paesi, in Italia per esempio, il che vuole dire che in Francia l’antifascismo resta una priorità.

  Terza riflessione: se la sinistra francese non solo ha fatto la desistenza con Macron ma, superando ogni più ottimistica previsione, ha addirittura vinto le elezioni, significa che la sinistra in Francia si trova in uno stato di salute nettamente migliore che in Italia ed in altri paesi europei, anche perché in Francia, a differenza che in Italia ed in altri paesi europei, esiste in quanto tale.  

  Quarta riflessione: se la sinistra in Francia è in migliori condizioni che in Italia ed altrove è perché questa sinistra si è “attardata” in un lavoro politico di contatto con il tessuto sociale e con tutte le pieghe della collettività nazionale, un lavoro magari privo di fantasia e lontano dai guizzi “geniali” dell’individualismo italico, ma necessario, soprattutto per tenere aperta la partecipazione della gente alla vita politica del paese, un lavoro che in definitiva paga.

  Tutto qui? Tutto qui. Ma sbaglia chi pensa che questo sia poco.  

di Carlo Crippa
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