Tra mercatini, visite ai defunti e passeggio, le vie della città capoluogo si riempiono di traffico e di cittadini. Intanto lunedì arriva nuovamente la zona rossa
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Intendiamoci subito, le 'guerre di religione' in un contesto di conflitto globale - seppur senza bombe e siluri esplosi contro il nemico - qual è quello della pandemia da Sars-Cov-2 hanno poco senso. Anzi, nessuno. Sappiamo infatti alla perfezione come le indefettibili esigenze di tutela della salute collettiva si debbano conciliare con i fattori economici, altrimenti le vittime che non miete il subdolo Coronavirus le produce la fame magari anche sotto forma di suicidi dovuti alla frustrazione e alla vergogna per la mancanza di soldi con cui mantenere la famiglia.
Una premessa su cui, pensiamo, si possa essere tutti d'accordo, almeno in linea di principio. Ci chiediamo, tuttavia, a cosa serva il Dpcm, l'ennesimo peraltro, con cui il ministro delegato Roberto Speranza dichiarerà la Calabria zona rossa a partire da dopodomani, ossia prima del tempo che sarebbe dovuto coincidere con il periodo pasquale, se stamani a Catanzaro - in particolare nei più popolosi e frequentati quartieri della periferia Nord: Stadio, via Francesco Paglia e Pontepiccolo - si sono notati maxi-assembramenti, con annesso traffico congestionato, che neppure nei periodi migliori delle partite delle Aquile giallorosse impegnate in casa.
La combinazione di procedure di vaccinazioni antiCovid al Ciaccio, tradizionale mercatino rionale con stand e banchi per lo più riservati alla vendita di cibo sotto al Campo Scuola e visite ai defunti al principale cimitero cittadino, ha dunque creato un effetto fiumana (di gente), concentrando centinaia, se non persino migliaia, di persone in aree limitrofe e non certo grandissime. Situazione che, se non fosse potenzialmente molto pericolosa, ci farebbe ridere pensando ai concetti di distanziamento e autoregolamentazione dei singoli. Magari proprio la 'disciplina' mancante alle decine di signori avvistati in zona Ceravolo e ospedale Pugliese a chiacchierare amabilmente con tanto di mascherina calata sul collo.
Certo, di questo i social non ne parlano e se lo fanno è per difendere il poco che resta del commercio locale e delle relazioni sociali prima di un'altra stretta draconiana. Ma noi facciamo i giornalisti e non i politici. E quindi - banalmente - il nostro dovere è di informare, non di sicuro di blandire, l'opinione pubblica che si divide su scuole chiuse o aperte e sulle ordinanze a riguardo di un sindaco come Sergio Abramo, il quale al di là di ogni considerazione poche ore fa avrebbe a nostro avviso fatto bene a mettersi in macchina come noi nei pressi di casa sua. Chissà, poi, che provvedimenti avrebbe tirato fuori, suggerimenti di Facebook a parte.