Riunione della Uil-Fpl tra i rappresentanti delle case di cura: «Se non avremo risposte il ricorso allo sciopero sarà inevitabile e verrà programmato nella prima decade di aprile»
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Accreditamenti e risorse disponibili. È stato questo il punto principale all'ordine del giorno della riunuone dei rappresentanti delle case di cura iscritti alla Uil Fpl regionale.
«Dalla riunione - si legge in una nota - è scaturito che, visto l’avvicendarsi di una pandemia mondiale che, purtroppo, sta interessando anche la nostra sfortunata terra, il presidente della Giunta Regionale con ordinanze n. 29 del 13 aprile 2020 e n. 82 del 29 ottobre 2020 ha ritenuto corretto, per far fronte a tale imprevista ondata pandemica, di interrompere tutte le attività chirurgiche programmate e programmabili oltre che tutte le attività specialistiche svolte nelle strutture pubbliche.
Tanto è stato necessario ed indispensabile per rispondere al meglio ai bisogni dei malati positivi al Covid-19. Al contempo si è chiesto alle strutture private accreditate, in una logica di corretta sinergia, di sopperire alla mancanza delle strutture pubbliche nell’espletare le prestazioni bloccate presso gli stessi ospedali e per le quali era necessario dare risposte tempestive in quanto non si muore solo di Covid-19. La pandemia ha consentito lo sviluppo di due eventi straordinari: le Aziende sanitarie pubbliche chiudevano alla richiesta dei cittadini traendone vantaggi economici, nel contempo si bloccava la migrazione sanitaria avvantaggiando ulteriormente il boccheggiante sistema sanitario, con ulteriori risorse legate al risparmio dei mancati ricoveri fuori regione.
Questo avveniva nella fase della prima ondata. Tuttavia, ad oggi, non risulta ancora levato l’obbligo a carico delle predette strutture accreditate, di attenersi ai piani di acquisto di prestazioni individuati in una fase precedente alla pandemia e, visto gli accadimenti, oggi non possono in alcun modo essere rispettati in quanto, le stesse, per garantire i Lea, sono state chiamate ad erogare prestazioni diverse da quelle contrattualizzate e precisamente quelle che oggi non possono essere più erogate nel pubblico per i motivi sopra meglio rappresentati.
È necessario, a nostro avviso, che il presidente della Regione Calabria, per il tramite del Direttore Generale del dipartimento preposto, si faccia carico di tale aberrante situazione e ponga in essere tutto il necessario per ristabilire una equa soluzione del problema. L’Asp di Catanzaro si è già determinata in tal senso, mentre l’ASP di Cosenza, pur avendo ritenuto legittima tale richiesta pervenutale dalle associazioni di categoria, rimane in attesa del parere favorevole del Presidente della Regione Calabria per come previsto all’art. 4 comma 5 dello schema di contratto con gli erogatori, dove sono previste “eventuali deroghe motivate... previo parere vincolante del dipartimento Tutela della Salute”. A tal proposito riteniamo sia bastevole ricordare la pandemia COVID-19, anche perché si rischia di non vedersi retribuito ciò che è stato legittimamente erogato.
Questi sono i temi evidenziati dal personale dipendente di tali strutture sanitarie, che oggi si troverebbero ingiustamente in una situazione a rischio e paradossale, in quanto, non hanno né potuto usufruire degli ammortizzatori sociali e ne avrebbero la garanzia della retribuzione per il lavoro prestato.
Recente si è tenuto un incontro presso la cittadella regionale con il presidente Spirlì, il quale aveva assicurato che in tempi brevi questa richiesta sarebbe stata evasa. Ciò non è avvenuto e le motivazioni non sono ancora chiare. Forse un tentativo di boicottaggio nei confronti dell’operato della Giunta regionale?
Teniamo a precisare, che tale autorizzazione non produrrà alcun pregiudizio economico e alcun aggravio di costi sui tetti di spesa già individuati, programmati e contrattualizzati in quanto rimarranno del tutto invariati.
Qualora ancora una volta non dovessimo trovare riscontro a questa nota, il ricorso allo sciopero sarà inevitabile che verrà programmato nella prima decade di aprile».