L'artista ha risposto alla lettera aperta dei cittadini di Casali del Manco, indignati per il patrocinio dell'amministrazione comunale al concerto previsto a Pasqua: «Non ho alcuna intenzione di entrare nella contesa politica in atto in quel territorio»
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Nelle scorse ore, un gruppo di cittadini di Casali del Manco, capeggiati dal movimento Voci in cammino, ha inviato all'amministrazione comunale della cittadina del Cosentino una lettera aperta, contestando all'Ente di aver patrocinato il concerto della cantante folk calabrese Teresa Merante, in programma per la sera di Pasqua in occasione della festa di Santa Maria a Pedace: «Inneggia alla mafia», si legge nella missiva. A stretto giro è arrivata la replica della Merante.
«Voglio premettere che non ho alcuna intenzione di entrare nella contesa politica in atto in quel territorio - scrive la cantante -, rispettando l’opinione di tutti, ma credo con tutta franchezza che pari rispetto debba essere rivolto anche alla mia persona, ancora una volta etichettata come portatrice di disvalori ed istigatrice di violenza».
«Ho pagato sulla mia pelle e a caro prezzo la rivisitazione di quei brani di malavita a cui si fa riferimento - continua la Merante -, ricevendo un avviso orale da parte della Questura e non una denuncia come è stato erroneamente riportato nel comunicato. Da quell’ammonimento è trascorso più di un anno e, da allora, ho sempre rispettato ossequiosamente le esortazioni che mi sono state rivolte, escludendo quei brani dal mio repertorio, rimuovendoli dai miei canali ufficiali sui social network, incidendo nuove canzoni di tutt’altro genere e tenore. Eppure, ogni qualvolta che vengo invitata per un concerto, si sollevano esattamente i medesimi polveroni mediatici sulla mia persona, sbattuta ancora una volta in prima pagina per dei brani che rappresentano solo una piccola parte del mio repertorio musicale».
«A nulla sono valsi i numerosi tentativi di chiarimento per la riproduzione di quei pezzi che, - scrive nella nota Teresa Merante - rientrano nel filone musicale del canto di malavita, nato sin dagli anni ’70 e non certo dalla mia riedizione musicale. A nulla è servito spiegare, e non credevo nemmeno ce ne fosse bisogno, che per tutte le rappresentazioni artistiche, musicali, cinematografiche, teatrali, televisive, raccontare una storia, anche la più terribile, non significa certo condividerla, ma al contrario denunciarla. Non voglio sollevare ulteriori polemiche, sono e resto semplicemente una cantante innamorata della musica tradizionale calabrese, ma vorrei essere giudicata, nel bene e nel male, per le mie capacità artistiche e non certamente per intenzioni oltraggiose o addirittura inneggianti la criminalità che non ho mai avuto e che rifiuto con sdegno».