di Vincenzo Speziali *

Da quanto osserviamo ed assistiamo, la presunta "marcia trionfale" dell'aggressione bellico militare della Russia del Signor Putin, ai danni della libera e valorosa Ukraina, si sta dimostrando ardua, piuttosto che drammaticamente asfittica: è un dejavu - per le forze moscovite - che riporta agli incubi afghani.

Dagli schermi e dai giornali, con ammirazione commossa, emerge la fierezza di questo popolo aggredito - gli ucraini appunto - che resistono, resistono, resistono con determinazione, fierezza, dignità, ma soprattutto difendono la loro integrità storico culturale, il suolo patrio, il passato, il presente e il futuro di una vita, la loro vita.

Ecco la lezione che ci consegnano - a noi testimoni ed attori di questo tempo greve - le donne e gli uomini, le giovani ed i giovani, le anziane e gli anziani di Kiev, a mo' di monito ed esempio, come se il respiro di un popolo diviene tutt'uno per tutti: che fierezza, quale orgoglio, quanto esempio, danno ognuno di costoro, nel riaffermare "io esisto, rimaniamo qui, a casa nostra -e perché no?- liberi e forti!".

Si arriva, quindi, a trasporre il motto sturziano - base della cultura popolare dell'impegno dei Cristiani nella laicità della politica - cioè, appunto, "Liberi e forti", alla stregua di un monito ed in favore della resistenza per l'indipendenza.
È normale che il signor Putin ciò non lo comprenda, né lo conosca e neppure lo riconosca, poiché la sua "formazione" è diversa, distante, anzi distinta, da tutto ciò, ovvero dalla grandezza di questi concetti, i quali manifestano la più grande rivoluzione dell'uomo - nella società - che è il cristianesimo (come ben diceva il presidente Moro).

Si badi bene, cristianesimo non come propaganda ed elemento strumentalmente unificante dei cittadini di uno Stato (per di più dittatoriale ed aggressore), bensì come concezione di solidarietà, di visione sociale, di inclusività e di rispetto degli uni verso gli altri.

È a tutto questo che poi bisogna rifarsi all'atto della pace, la quale deve essere preceduta dalla diplomazia esperta e credibile (non parliamo, infatti, di un gioco per sprovveduti neofiti), epperò il passaggio prodromico delle trattative si impianta attraverso i politici e non i dilettanti.

Non è, solamente, un riferimento alla "Gens Gigia" - cioè à la façon di Di Maio- ma alla "povertà strutturale" di una classe dirigente - o presunta tale - nell'epoca che ci è data e a noi coeva, dove viene a mancare lo stimolo, piuttosto che lo slancio ideale, oppure l'amplia visione per una società e un mondo che cambiano, non sempre in meglio, non sempre in bene, non sempre in pace.

L'alba dell'Unione Europea - autentico e riuscito esempio (unico caso nella storia), circa l'esportazione di democrazia, poiché i passaggi sono costellati da plurime e pacifiche condivisioni - si ebbe per l'intuizione e il lavoro, illuminanti, di De Gasperi, Schumann, Monnet e Adenauer - parti chiari, tutti democristiani: sarà un caso? Non credo - in quanto alla base c'era una formazione fideistica forte e al contempo mitigata con la consapevolezza di operare in un mondo laico, tra i laici.

E qui subentra l'influsso culturale di Maritain - filosofo cattolico - che conia il sillogismo di operare attraverso l'idea dell'umanesimo, ovvero partendo dalla persona (concezione morotea e ripresa poi dai nuclei popolari di CL con Formigoni), attraverso il pluralismo, per il bene comune e quindi a favore della società.

Tutto questo, quindi, risulterebbe unica speranza ed esclusiva prospettiva, oggi più che mai, quando spirano venti gelidi di guerra e morte, in cui però l'apparente forte - la Russia- è un gigante con i piedi d'argilla e non riesce ad imporre, anzi ad impostare una concezione - comunque da avversare - di neodittatura, rimodulata al tempo che ci è dato da vivere.

Non possiamo accettare il "turbocapitalismo" o la cogente prepotenza, in quanto essi sono elementi di una contemporaneità maligna invece che malata, poiché il mondo attuale -con una globalizzazione ingovernata- risulta diviso non in Stati e Nazioni, bensì in province e satrapie!

Ecco, è anche questo quello che bisogna combattere - partendo da qualsiasi municipalità (si ritorna a Sturzo) - affinché vi sia almeno "una voce in fondo al cor" che affermi e testimoni un'era diversa, la quale può essere tale ed anche migliore, certamente solidale e a favore di tutti, cioè dagli umili ai primi, non solo, quindi, per quest'ultimi.

* Coordinatore regionale Calabria dell'Area di Centro e della Federazione Popolare dei Democratici Cristiani