«Correva l’anno 2009. Riproponendo attraverso un ricordo personale il profilo storico e la caduta di Mikhail Gorbaciov in occasione dell’anniversario della sua elezione a Presidente dell’Urss (11 marzo 1985), come Otto Torri sullo Jonio dimostravano di avere bene in mente, citando non a caso la drammatica vicenda della giornalista Anna Politovskaya, che l’allora incipiente Russia di Putin, quella stessa poi consolidatasi e rafforzatasi fino alla guerra in Ucraina grazie ed attraverso il mondo, i metodi, le sottovalutazioni e gli affari occidentali, rappresentava già allora un punto di non ritorno culturale». Lo scrive in un comunicato l'associazione Otto torri.

«È quello che pensavamo e scrivevamo nero su bianco, tredici anni fa. Nella consapevolezza, ieri come oggi, che possono e devono esserci anche più analisi, più chiavi di lettura e valutazioni laiche della Storia passata e recente, per condividere comunque la stessa e netta contrarietà a tutte le guerre ed a tutte le violazioni della libertà e dei diritti fondamentali delle donne e degli uomini».

«Ed è esattamente quella riflessione del 2009 che, nella complessiva ricostruzione e narrazione del 25esimo anniversario di Otto Torri (1997-2022), riproponiamo oggi integralmente, per la sua intima lucidità anticipatrice e purtroppo per la sua triste attualità».

«24 anni fa, l’11 Marzo del 1985, all’età di 54 anni, 7 in più del Presidente Obama ma molti in meno di tanti “uomini nuovi” della politica italiana, Mikhail Gorbaciov, eletto segretario generale del Pcus, diventava il più giovane leader sovietico dai tempi di Vladimir Ilic Lenin. Un giovane avvocato, classe 1931, nato da una famiglia di agricoltori, arrivato in poco tempo ai vertici del Cremlino e che in soli sette anni, dal cuore del socialismo reale, avviò una serie di riforme che – come egli stesso scrisse nelle sue Memorie qualche anno dopo – erano, anche ovviamente col senno di poi, “storicamente necessarie”».

«Ma sono stati la politica internazionale e il mondo intero, con gli avvenimenti direttamente ed indirettamente conseguenti al percorso intrapreso in Urss dal Presidente Gorbaciov, prima durante e dopo la caduta del Muro di Berlino, ad essere influenzati dagli effetti di quel cocktail di trasparenza più riforme, che allo stesso tempo sancì forse la fine anticipata e sbrigativa di quell’esperienza, personale ed anche ideale: con le dimissioni di Gorbaciov da Capo dello Stato nel Natale del 1991 e poi con lo scioglimento dell’Urss, fino alla Russia di Putin e di Anna Politovskaya per intenderci. Insomma, un gigante della Storia. Dimenticato in fretta».

«Per molti di noi, giovanissimi soci fondatori di Otto Torri sullo Jonio, ma – credo – per un’intera generazione, non soltanto in Italia, quel giovane Presidente a capo di uno degli Stati più grandi, potenti e contradditori del pianeta, ha rappresentato indubbiamente un momento, oltre che di speranza, anche di rottura. Rottura sicuramente rispetto ai cliché politici ai quali, seppur giungendo da formazioni culturali diverse, molti di noi erano stati abituati in anni di militanza ed impegno laico e civile, probabilmente gli ultimi vissuti con quella passione autentica che gli anni ’90 hanno definitivamente cancellato, seppellendola sotto fitta coltre di disillusione ma anche di superficialità e di puro e semplice oblio».

«Oblio sulla persona, sui fatti, sulla Storia, che probabilmente si respirava già a metà degli anni ’90. Era, infatti, il 1996, quando ebbi modo di conoscere personalmente il Presidente Gorbaciov, da studente universitario a Roma. Assieme ad altri soci di un’ancora embrionale Otto Torri sullo Jonio, tra i quali Eugenio Serpa (nella foto, con me e Gorbaciov), nelle ore libere dallo studio dell’ingegneria o del diritto, frequentavamo anche un corso di liberalismo politico, in Via del Nazareno, organizzato dalla Fondazione Einaudi».

«Una delle lezioni riservateci dagli organizzatori prevedeva, infatti, la presenza in aula di Mikhail Gorbaciov. Manco a dirlo, eravamo in prima fila. Volevamo vedere ed ascoltare da vicino quel personaggio, promotore della Glasnost e protagonista della Perestrojka e che – forse oggi è ancora più evidente – ebbe un ruolo determinante non soltanto nell’evoluzione democratica dell’ex Urss ma, soprattutto, nella emancipazione dei paesi dell’Est. Eppure quella sera a Roma, dopo quella lezione che non dimentichiamo, assieme ad Eugenio Serpa, a qualche rappresentante della Fondazione Einaudi e ad un interprete, mi ritrovai ad accompagnare il Presidente Gorbaciov, attraversando nella totale indifferenza, Piazza di Spagna, fino Via Margutta».

«Quella scena inattesa, con quei due calabresi disillusi alle calcagna di un Gorbaciov visibilmente attonito, fino a qualche anno fa Presidente di una delle due superpotenze ideologiche oltre che militari, per strada tempestato di domande tradotte simultaneamente in russo e senza scorta, resterà la mia personale immagine, ma ciò non di meno simbolica ed emblematica di quegli anni ’90, dell’avvio di un oblio storico diffuso e della decadenza, ideale e di contenuti, della quale forse i giovani di oggi rappresentano il punto di non ritorno».