Niente igienizzati e misure anti-contagio alla Cittadella regionale. Lo riferisce in una stampa il sindacato Csa-Cisal precisando: «L’Italia e la Calabria sono entrate nella Fase 2. Il momento più delicato perché, come ricordano gli esperti, si tratterà di convivere con il virus cercando di tornare alla normalità. Cosa che gradualmente dovrebbe avvenire anche per gli uffici della Regione. Nelle ultime settimane, per i lavoratori hanno giustamente prevalso le forme di lavoro agile. Ci aspettiamo a breve che i dipendenti (se non tutti, almeno coloro che saranno chiamati a svolgere attività inderogabili all’interno dell’Ente) torneranno nella Cittadella e nelle varie sedi periferiche. In questa congiuntura economica e sociale difficile – afferma il sindacato Csa-Cisal – i lavoratori sono pronti a dare il proprio contributo diretto per rilanciare la Calabria. Ovviamente, il “rientro” dovrà avvenire in sicurezza seguendo la normativa e le linee guida anti-contagio. Ma come si è organizzata finora la Regione Calabria?».

Niente dispenser con gel igienizzante

«Dobbiamo amaramente constatare che in questi due mesi di lockdown la Cittadella è stata sì blindata, ma non si è fatto niente per pensare all’imminente futuro e alla ripartenza. D’altronde basta farsi un giro per i piani regionali ed osservare che – ancora oggi – nei corridoi dei diversi dipartimenti mancano del tutto i dispenser con gel igienizzanti. Eppure, questa è una delle misure basilari – suggerite fin dall’inizio della pandemia – per gli uffici pubblici. È presente soltanto un solo dispenser ad uno dei due ingressi, quello principale. Proprio al risparmio. Un altro si trova prima di accedere alla sala mensa (installato dallo stesso ristoratore). Però, guarda caso, si è pensato di fornirne in misura più che adeguata il decimo piano. Tutti i dipendenti degli altri dipartimenti – osserva il sindacato CsaA-Cisal – sono stati dimenticati. L’operazione non era complicata: bastava fornire 5 distributori a piano per garantire una copertura idonea a dare l’apparenza di attenzione verso i lavoratori. I gel igienizzanti – ricordiamo – sono presenti, e già da diverso tempo, in tutte le Pubbliche Amministrazioni, anche nei piccolissimi comuni, ma non nella sede della Regione Calabria, che in teoria dovrebbe dare l’esempio a tutti gli altri Enti in tema di contrasto al virus. Questa – incalza il sindacato – è una grave mancanza a cui è necessario mettere subito mano: nove piani della Cittadella sono rimasti sguarniti. Non è ammissibile».

 

Il bisticcio delle mascherine

«Solo i gel igienizzanti sono stati dimenticati? Non proprio. Nelle linee guida adottate dalla Conferenza delle Regioni, a cui anche la Calabria si è allineata, negli uffici è previsto che laddove non possano essere installati dei dispositivi fisici (separatori o barriere) sarà necessario l’utilizzo delle mascherine. Chi ha pensato che quando torneranno i dipendenti sul posto di lavoro serviranno le mascherine? È stato stimato il fabbisogno? L’ultima ordinanza firmata dal presidente Santelli domenica 18 maggio ribadisce l’obbligo dell’uso delle mascherine o comunque l’utilizzo di strumenti di protezione delle vie respiratorie.

Nel frattempo, ha fatto parecchio riflettere una nota, del 13 maggio, inviata dal dg del dipartimento “Organizzazione, Risorse Umane” con cui chiedeva agli altri direttori generali regionali di quante mascherine avessero bisogno per il proprio dipartimento e, udite udite, anche quale tipo: se chirurgica o di tipo FFP2. Ma come può stabilirlo un direttore generale? Quali sarebbero le sue competenze in termini di sicurezza sul posto di lavoro? Come può assumersi questa responsabilità? Come può sapere che tipo di protezione ha bisogno un dipendente piuttosto che un altro? E come potrebbero avere contezza di tutte queste cose i dirigenti di settore, visto che poi a cascata ciascun direttore generale ha girato loro la richiesta sulle tipologie di mascherine da selezionare. I dirigenti hanno giustamente fatto notare che non si sentono titolati ad esprimere valutazioni su quale dispositivo di protezione individuale sia necessario ad assicurare i propri dipendenti. Non è come scegliere il colore di una maglietta! C’è veramente troppa leggerezza – osserva Csa-Cisal – nell’affrontare questi aspetti cruciali per la salute dei lavoratori». 

 

Quali sono le misure per la sicurezza?

«Si tiene conto delle differenti tipologie di mansioni che svolgono i lavoratori? È evidente che coloro che svolgono un’attività a contatto con il pubblico (ufficio informazioni, tributi...) abbiano un livello di rischio diverso rispetto a chi non riceve terzi. Inoltre, non dimentichiamo tutte le altre sedi periferiche, inclusi i Centri per l’impiego. Scommettiamo che non solo non sono stati sanificati questi locali, ma nemmeno puliti per l’ordinario? In quali condizioni riprenderanno la propria attività tutti questi lavoratori? Ecco, bisogna programmare diligentemente il “rientro”. Riteniamo altresì che in un momento come questo sia necessario rafforzare l’ufficio “Datore di lavoro”, sia in termini di risorse umane (ad oggi, oltre il dirigente, composto da una sola unità lavorativa e da un dipendente dell’Azienda Calabria Lavoro) e sia economiche dotandolo di una propria autonomia di spesa, senza dover passare da un altro settore. Con il massimo spirito di collaborazione, il sindacato Csa-Cisal auspica un confronto con l’Amministrazione affinché la ripartenza delle attività regionali possa avvenire in sicurezza nei tempi e nei modi previsti, a patto che prevalga la salute dei lavoratori. Un diritto irrinunciabile. Serve uno sforzo comune affinché la solita disorganizzazione calabrese non provochi guai a danno dei dipendenti». 

 

L’incontro con i sindacati

«Oggi è previsto un incontro fra i sindacati e l’assessore e il direttore generale del Personale. Riteniamo sia necessario far fruttare questa riunione per recuperare il tempo perduto nell’interesse dei lavoratori. Nella comunicazione in merito all’incontro, abbiamo appreso che si parlerà del Protocollo di sicurezza per gestione fase 2 emergenza Covid. Forse nella scarna comunicazione si sarebbe dovuto prestare più attenzione ai nominativi di chi convocare (risulta un dirigente che ormai non è più rappresentante dell’organizzazione sindacale) e almeno formalmente non è stata interpellata l’intera delegazione trattante, la parte pubblica (fatta eccezione il presidente). Capiamo l’atipicità del momento, ma ci saremmo aspettati quantomeno di ricevere, in allegato alla convocazione, la bozza del Protocollo di sicurezza in modo che oggi i sindacati avrebbero già potuto formulare le proprie proposte di correzione o miglioramento. Con il massimo spirito di collaborazione, il sindacato Csa-Cisal auspica un confronto proficuo con l’Amministrazione affinché la ripartenza delle attività avvenga senza rischi. Serve uno sforzo comune affinché la solita disorganizzazione calabrese non provochi guai a danno dei dipendenti. Non accetteremo – chiosa – compromessi al ribasso sulla tutela della salute dei lavoratori. È un diritto non “negoziabile”. Tornare sì, ma in sicurezza».