Ricapitoliamo. A Cetraro c'è una donna di 36 anni che muore per una emorragia a due ore dal parto e un'altra donna di 43, che, nello stesso giorno e nello stesso ospedale, rischia di morire insieme al figlio che porta in grembo per una gestosi. Questi sono i dati di fatto. La prima forse non riceve abbastanza sangue e spira prima che gli addetti fossero riusciti a prenderne dell'altro nel centro trasfusionale più vicino, a 25 chilometri di distanza; la seconda forse, impiega troppo tempo per arrivare a Cosenza e quando giunge all'ospedale Annunziata il medico di turno è costretto a interrompere ogni attività per curare la giovane, salvata in extremis.

Sul web, puntualmente, è cominciata la caccia alle streghe: «bastardi», «assassini», «incompetenti», sono tra gli insulti più ricorrenti rivolti ai camici bianchi del nosocomio. Ma quella scoppiata all'ospedale di Cetraro è una vera e propria emergenza o si sta cercando di spostare l'attenzione sui reali problemi che stanno mettendo in ginocchio il presidio?

600 parti all'anno

Partiamo dal presupposto che all'ospedale di Cetraro nascono quasi due bambini al giorno, 600 parti all'anno, e quasi tutti i parti filano liscio come l'olio. Poi ci sono le complicazioni, gli imprevisti e morti che sono già scritte. Per queste, i medici, non sono ancora attrezzati. Ma veniamo ai due recenti casi.

Il caso di Santina

Santina Adamo è morta, forse poteva salvata, ma non con i mezzi e gli uomini a disposizione quella notte. I presenti hanno fatto il possibile, lo dicono le richieste certificate, già messe agli atti, di «n°2 unità di emazie concentrate di gruppo 0 Rh (D) positivo per paziente affetta da emorragia post partum». Dalla prima telefonata all'arrivo delle sacche di sangue in sala operatorie, che intanto sono state sottoposte a tutte le procedure del caso, passano lunghi minuti. Forse più di 60. Tanti, troppi, il cuore di Santina nel frattempo cessa di battere, mentre ginecologi e anestesisti provano di rianimarla fino allo sfinimento.

Di chi è la colpa? Dei medici che erano in quella sala operatoria o di chi ha predisposto un punto nascita da 600 parti all'anno senza un centro trasfusionale?

Il caso della 43enne di Cosenza

La notizia circola da ieri sera. C'è un'altra donna che ha avuto un parto difficile, nello stesso giorno in cui è morta Santina. Ora mamma e figlio si troverebbero ricoverati in terapia intensiva all'ospedale bruzio. Anche questa donna, arrivata al pronto soccorso di Cetraro con dolori addominali e trasportata in gravi condizioni a Cosenza, ha rischiato di morire. Anche stavolta sul web si scatena il putiferio, perché la stampa riporta la notizia che la donna sarebbe stata curata per calcoli renali anziché gestosi. Ed anche stavolta si invoca la morte per i medici cetraresi.

Ma come nasce la notizia? Come sono andate realmente le cose? I medici sono stati incompetenti o hanno salvato la vita alla paziente, stavolta che hanno potuto?

Le cose sono andate più o meno così. La 43enne è giunta al pronto soccorso con dolori addominali e siccome non aveva ancora compiuto l'ottavo mese di gravidanza, viene sottoposta ad ulteriori accertamenti. La donna è in gestosi, forte crisi ipertensiva e rischia la vita, ma ancora non lo sa perché i medici che le fanno un'ecografia trovano effettivamente i calcoli a un rene e l'altro è policistico. In un primo momento i dolori si attribuiscono a questo, ma la situazione precipita. Fortunatamente, a visitarla, quasi subito, è un chirurgo, che quando c'è è sicuramente utile, il quale si accorge che la donna sta peggiorando. Ulteriori accertamenti rivelano effettivamente un valore altissimo della pressione sanguigna e vengono allertati immediatamente i soccorsi, che la porteranno d'urgenza all'ospedale di Cosenza, dove arriva in gravi condizioni.

Può darsi che quei minuti trascorsi in cerca dei calcoli renali, anziché una immediata diagnosi della gestosi, abbiamo peggiorato la situazione, ma certamente hanno inciso di più oltre un'ora di viaggio su una strada dissestata.

Colpa dei medici cetraresi? Incompetenti pure stavolta? Non sappiamo di preciso quanti minuti siano passati tra l'ingresso in pronto soccorso e l'entrata in ambulanza, ma sappiamo che la legge impone il ricovero negli ospedali hub, come quello di Cosenza, per i casi in cui la gestosi compaia in donne in gravidanza al di sotto della 34esima settimana. Di certo, se l'ospedale di Cetraro non fosse stato smantellato, la donna avrebbe partorito un'ora prima, con meno rischio per lei e il suo bambino. Ma se la donna non avesse fatto in tempo ad arrivare in sala operatoria, che storia staremmo raccontando adesso? E di chi sarebbe stata la colpa?

Sanità scellerata

A proposito di sanità scellerata, vale la pena ricordare che l'ospedale di Cetraro, con tutti i suoi problemi e le cose, i casi e le persone da gestire, è tornato ad avere un direttore sanitario solo 19 giorni fa, dopo un buco di quasi due anni. Il motivo? L'allora direttore sanitario Vincenzo Cesareo era stato trasferito al capt di Praia a Mare perché non arrivò mai la firma sull'idoneità a ricoprire ancora il suo ruolo, che però fu certificata da una commissione di valutazione. La firma avrebbe dovuta apporla l'allora direttore generale dell'Asp di Cosenza Raffaele Mauro, ma per motivi a tutt'oggi sconosciuti, quella firma non arrivò mai. Una volta che Mauro ha rassegnato le dimissioni, a febbraio scorso, Cesareo ha cercato di capire cosa fosse successo e a via Alimeni sono spuntate le carte della sua idoneità, risalenti a due anni prima. Informato l'attuale reggente Asp, Sergio Diego, Cesareo dal primo luglio scorso è tornato al suo posto.

Domanda: se la morte di Santina Adamo fosse avvenuta per esempio 18 giorni prima, cioè il 30 giugno, come avrebbe giustificato l'Asp di Cosenza una mancata nomina di un ospedale che, tra l'altro, rientra in un spoke comprendente anche l'altro ospedale della costa, cioè quello di Paola? E perché in questi due anni Cesareo non è stato sostituito? Ma, soprattutto, perché nessuno è intervenuto? Esistono ancora le regole nella sanità calabrese? I dirigenti della sanità calabrese sono considerati come gli altri comuni mortali o per loro vige una legge a parte?

Queste risposte, certamente, resteranno inevase come tante altre. Ma non sarebbe per caso l'ora che qualcuno indagasse sui dirigenti della sanità, invece che sui medici, i quali, sfruttati e ormai allo stremo, pagano invece le conseguenze di decisioni scellerate? Cosa fa il generale Cotticelli, quale nuovo commissario ad acta alla sanità? Qualcuno vuole intervenire adesso o aspetteremo di lamentarci al prossimo morto?