Dissesto a Cosenza: il crac politico fraudolento di Mario Occhiuto e Iole Santelli

Il fallimento finanziario dell’ente bruzio rappresenta l’epilogo del modello politico e amministrativo del sindaco e della vicesindaca, quest’ultima, anche coordinatrice regionale di Forza Italia. Un debito di oltre 350 milioni di euro che lascia in ginocchio una città. Un crollo finanziario che peserà sulle spalle dei cittadini e rappresenta una seria ipoteca sul futuro delle nuove generazioni

di Pasquale Motta
16 ottobre 2019
19:26
Cosenza, Iole Santelli e Mario Occhiuto
Cosenza, Iole Santelli e Mario Occhiuto

E alla fine un’altra tegola pesante si è frantumata sulla testa del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto. Per la verità non so lo sulla sua testa ma anche su quella di Iole Santelli. Forse molti dimenticano, infatti,  che l’ex sottosegretaria alla Giustizia del governo Berlusconi,  è anche vice sindaco del comune bruzio.  La sezione riunite della Corte dei Conti ha confermato il dispositivo del tribunale contabile di Catanzaro in merito all'inefficacia del piano di riequilibrio finanziario del Comune di Cosenza. In poche parole, dunque, il comune di Cosenza è in dissesto.

 


Il timore che questa sentenza di dissesto potesse avere ulteriori conseguenze politiche sulle aspirazioni degli Occhiuto e della Santelli, aveva indotto l’amministrazione di Cosenza a tentare un disperato rinvio al pronunciamento delle sezioni riunite. Il dirigente Nardi, per conto del Comune, infatti, aveva ipotizzato come motivazione  della richiesta di rinvio, la possibilità del Comune di Cosenza  di rientrare nella norma “Salva Italia”, che dovrebbe essere inserita nella manovra di bilancio e che consentirebbe l’azzeramento dei debiti per quei Comuni in grave crisi finanziaria. Evidentemente, le sezioni riunite della Corte, hanno ritenuto tale richiesta non credibile. Per il comune di Cosenza, dunque, con questo provvedimento si apre una voragine finanziaria. Una situazione che potrà essere risanata soltanto chiedendo ai cittadini cosentini (già con le tasse ai massimi livelli) uno sforzo lacrime e sangue. Bisognerà approntare un piano di rientro da 30 milioni di euro all’anno.  E, d’altronde, dalle 142 pagine di relazione della sezione di Catanzaro della Corte contabile emerge una gestione dissennata.

 

Il debito è passato da 100 milioni del 2011, quello imputabile alle Amministrazioni precedenti, ai circa i 350 milioni attuali. Ciò significa che durante l’amministrazione Occhiuto il debito è cresciuto di oltre 200 milioni. Alla luce di questo dato, dunque, la dichiarazione a firma di Occhiuto risulta grottesca.  Secondo Occhiuto, infatti, la sua amministrazione comunale avrebbe migliorato i dati contabili rispetto al 2010. Una dichiarazione che, tuttavia, non trova riscontri nel dispositivo della sezione contabile di Catanzaro. E, d’altronde spulciando  il conto consuntivo del 2012 e la proposta di bilancio di previsione 2019-2021, era assolutamente prevedibile che si trattasse della “cronaca di un dissesto annunciato” mutuando il famoso romanzo di Gabriel García Márquez. Basta cercare  solo tre dati: anticipazioni di cassa, debiti fuori bilancio e somme d’urgenza. Viene fuori un quadro chiaro ed esauriente. Il comune aumenta l’esposizione verso fornitori per opere che hanno parziale copertura finanziaria e di conseguenza non copre le rate dei mutui dovendo attingere alle risorse vincolate per la gestione corrente (stipendi). Questo è un quadro non temporaneo ma sistemico avendo fin dai tempi dello stesso Giacomo Mancini sopravvalutato le entrate. 

 

La riduzione del numero degli abitanti che continua inesorabilmente da dieci anni, ha reso ancora più evidente il problema che poteva essere risolto attraverso il piano di riequilibrio ma che Occhiuto e la Santelli hanno usato  per le opere pubbliche, duplicando così l’esposizione complessiva e incrementando l’esposizione verso fornitori. Il resto è fuffa. Se questo doveva essere il modello amministrativo cosentino che nelle intenzioni della Santelli e degli Occhiuto doveva essere trasferito alla Regione, la Calabria avrebbe rischiato seriamente di scomparire finanche dalla cartina geografica. Questa sentenza, dunque, certifica la bancarotta finanziaria e politica del modello amministrativo cosentino. Una condanna senza appello. E, d’altronde, si poteva  sostenere l’efficienza e la mitizzazione di una esperienza amministrativa che  lascia sulla testa dei propri figli un debito enorme per i decenni a venire? Ancor più grave che il sindaco Occhiuto  sostenga che un crac finanziario di queste proporzioni non abbia conseguenze sui cittadini. I debiti, il dissesto, la politica dissennata di un ente, in ultima istanza ricadrà sulle spalle dei cittadini.  Un debito pubblico lievitato per decine e decine di milioni di euro, rappresenta una pesante ipoteca anche sul futuro delle nuove generazioni cosentine.  A questo punto, per l’ufficio di Presidenza di Forza Italia, in relazione alla questione della candidatura alla Presidenza della Regione, sarà difficile continuare a sostenere: “Occhiuto o morte”.

 

Una candidatura Occhiuto significherebbe promuovere un’esperienza amministrativa fallimentare. Sarebbe uno schiaffo anche verso tanti bravi sindaci e amministratori di Forza Italia che pur mantenendo una linea di  rigore sui conti pubblici sono comunque espressione di efficienti modelli amministrativi. E’ evidente, a questo punto, che la sentenza  di dissesto del comune di Cosenza, seppellisce definitivamente il sogno e le speranze di Mario Occhiuto e Iole Santelli di mettere il cappello sulle regionali. Quel sogno non solo è naufragato sotto i lungimiranti veti della Lega, sulle pesanti inchieste giudiziarie, ma anche e soprattutto  sulle onde di una gestione finanziaria dell’ente a dir poco spregiudicata e che ha demolito nella credibilità quel modello amministrativo con il quale, il sindaco di Cosenza, aveva tentato di illudere i calabresi che sarebbe stato capace di  cambiare il destino di questa terra.  Mario Occhiuto, infatti, la può girare come vuole, ma la relazione dei giudici contabili è implacabile, le cifre sono implacabili. E la matematica, è noto, non è un opinione.

Pasquale Motta

 

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Giornalista
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