Secca la risposta da parte del presidente Usa Joe Biden e dei massimi vertici dell'Ue: «Il ritiro delle truppe russe è l'unica opzione seria per ripristinare la pace e la sicurezza»
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Una breve tregua nei combattimenti - 36 ore in tutto - per il Natale ortodosso, che cade il 7 gennaio. È quanto ha deciso unilateralmente Vladimir Putin, facendo appello all'Ucraina perché accetti la sospensione delle ostilità.
Ma Kiev ha risposto che tregua ci sarà solo quando i russi si ritireranno, mentre il presidente Usa Joe Biden ha affermato che si tratta solo di un tentativo di Mosca di guadagnare «un po' di ossigeno» per ovviare alle difficoltà delle sue truppe sul terreno.
Dura anche la replica Ue, «C'è un aggressore: il Cremlino. E una vittima: il popolo ucraino. Il ritiro delle truppe russe è l'unica opzione seria per ripristinare la pace e la sicurezza. L'annuncio di un cessate il fuoco unilaterale è falso e ipocrita quanto le annessioni illegali e grottesche e i referendum che le accompagnano», twitta il presidente del Consiglio Ue Charles Michel.
In serata è intervenuto il presidente Volodymyr Zelensky: «Le autorità russe vogliono usare il Natale come copertura per fermare l'avanzata dei nostri ragazzi nel Donbass, anche solo per un po', e portare attrezzature, munizioni e mobilitarsi più vicino alle nostre posizioni. Questo porterà solo un altro aumento del numero delle vittime. Tutti nel mondo sanno come il Cremlino usa le pause della guerra per continuare la guerra con rinnovato vigore», ha aggiunto, assicurando che la «guerra finirà quando i soldati se ne andranno o li cacceremo».
La decisione del presidente russo è arrivata dopo che, in un colloquio telefonico in mattinata con quello turco Recep Tayyip Erdogan, aveva in sostanza respinto la richiesta di quest'ultimo di un «cessate il fuoco unilaterale» - ma più lunga scadenza rispetto alla breve parentesi natalizia - per favorire la ricerca di una soluzione negoziata del conflitto, per la quale Ankara torna a proporsi come mediatrice.
Per l'ennesima volta Putin ha detto che il suo Paese è aperto ad «un dialogo serio», ma solo se Kiev «soddisfa le richieste note e tiene conto delle nuove realtà territoriali». Se l'Ucraina, insomma rinuncia ad insistere per riprendere il controllo di tutte le sue regioni: non solo la Crimea, ma anche le quattro che Mosca ha annesso lo scorso autunno dopo referendum condannati dalla comunità internazionale e che tra l'altro le truppe russe controllano solo in parte.
E il capo del Cremlino ha aggiunto una nota polemica contro i Paesi occidentali, accusandoli di svolgere «un ruolo distruttivo» in Ucraina per il fatto di continuare ad armarla e fornirle informazioni d'intelligence utili alle sue truppe per individuare i bersagli. Passa qualche ora e Putin annuncia di avere ordinato al ministro della Difesa Serghei Shoigu di attuare la tregua natalizia, dal mezzogiorno del 6 gennaio alla mezzanotte del 7, accogliendo una richiesta in questo senso ad entrambe le parti del Patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa.
Contemporaneamente il leader russo lancia un appello a Kiev perché accolga la cessazione temporanea dei combattimenti, per dar modo a tutti gli ortodossi di partecipare alle cerimonie religiose. Una pura «ipocrisia», risponde il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, che qualche ora prima aveva duramente attaccato anche Kirill, giudicando la sua richiesta «una trappola cinica» e accusando la Chiesa da lui guidata di agire «solo come propagandista di guerra».
«Non possiamo prenderli sul serio», gli fa eco il ministro degli esteri Dmytro Kuleba. Se la Russia vuole una tregua, insiste Podolyak, ha una sola possibilità di ottenerla: «Ritirarsi dai territori occupati».