Prima fu "Giuseppi", ora è "Georgia".
Donald Trump, con la consueta grazia da elefante in cristalleria, ha riservato a Giorgia Meloni lo stesso trattamento già toccato a Giuseppe Conte. Dopo l’incontro alla Casa Bianca, il tycoon, preso dall’entusiasmo, ha pensato bene di omaggiare la premier italiana storpiandone il nome in un trionfale post su Truth: «La premier Georgia Meloni ama il suo Paese. FANTASTICA!!!».
Georgia, come lo Stato americano. Non proprio il massimo per chi si aspettava un po’ più di considerazione da parte dell’ex presidente degli Stati Uniti.

A distanza di sei anni dal celebre "Giuseppi", che trasformò Conte in una star inconsapevole dei meme internazionali, Trump torna a dare prova della sua infallibile capacità di ricordare i nomi. O meglio: della sua volontà di non farlo.
Perché, siamo sinceri, a forza di vederlo inciampare sui nomi degli altri, un dubbio sorge: non è che questo giochetto sia voluto?
Non è che Trump, con la stessa nonchalance con cui chiami “coso” l’amico del bar di cui hai dimenticato il nome, voglia sottolineare chi comanda davvero?

Chiamare Giorgia "Georgia" — come se fosse un piccolo feudo statunitense da mettere in tasca — suona meno come un errore e più come una dichiarazione di superiorità. Del tipo: “Ti faccio pure il favore di storpiarti il nome, tanto sei comunque un dettaglio minore nel mio show personale”.
E se Conte ci ha messo anni a scrollarsi di dosso il soprannome "Giuseppi", prepariamoci ora a una pioggia di meme e di ironie su "Georgia Meloni".

D’altronde, la premier si era presentata alla Casa Bianca con il profilo basso ma ambizioso: pronta a proporsi come ponte tra Washington e Bruxelles, a trattare su dazi e spese militari. Trump, invece, l’ha accolta col solito abbraccio travolgente e un paio di frasi standard: «Persona molto speciale», «Lavoro fantastico». Giusto prima di chiamarla come un altro pezzo della sua amata America.

Un abbaglio che pesa, anche mediaticamente. Perché se Conte ha pagato "Giuseppi" con anni di prese in giro — trasformato nei social quasi in una macchietta —, difficilmente Giorgia sfuggirà allo stesso destino. Anzi: per chi, come lei, ha costruito parte della propria immagine sulla rivendicazione dell'orgoglio nazionale e sulla difesa dell’identità italiana, essere ribattezzata alla leggera proprio da chi si era pronta a osannare suona come uno smacco difficilmente digeribile.

Certo, Meloni incassa con il sorriso, forte della convinzione che l’importante è essere considerati interlocutori, storpiati o meno. Ma la verità è che, nella mente di Trump, Meloni, Georgia o "coso", cambia poco: si tratta di pedine da sistemare sul tavolo, possibilmente con una buona foto opportunity da postare online.

Del resto, mentre la premier cercava di discutere di dazi e NATO, Trump — secondo tradizione — pensava probabilmente a come rendere il momento funzionale alla sua campagna elettorale. Missione compiuta: sui social, tra un punto esclamativo e l’altro, ha piazzato l’immagine di un’alleata pronta a dire "sì" al suo verbo sovranista. Che si chiami Giorgia o Georgia, poco importa.

E così, nel grande album delle gaffe trumpiane, dopo il povero "Giuseppi" Conte, ora c’è anche "Georgia" Meloni: pronta a finire nei meme, nei post ironici, e nei titoli a effetto.
Il tutto per un lapsus che, forse, lapsus non è.

Perché nell’universo dorato di Donald Trump, chiamarti con il nome giusto è già un riconoscimento. Se ti storpia, probabilmente ti considera irrilevante.

Come il barista con il "coso", insomma. Solo che invece del caffè, qui si giocano trattati e alleanze.