Marieme e Ndeye sono due bimbe siamesi che da tre anni che condividono l'apparato digerente, il fegato e hanno solo tre reni. Marieme è la più vivace, Ndeye la più quieta. «Il fuoco e il ghiaccio», così le apostrofa il padre Ibrahima Ndiaye all’Observer. L’uomo ha perso un lavoro da manager in Senegal per volare a Londra e cercare dai dare una speranza di vita alle sue bimbe. Ma il Great Ormond Street ha emesso la sentenza: solo una delle due sarebbe sopravvissuta alla separazione. Per papà Ibrahima quella da prendere è «una decisione impossibile» tanto da opporsi all’intervento di separazione che avrebbe sacrificato una delle bambine: rimarranno unite fino alla morte.

«Una decisione impossibile»

Ibrahima ha lasciato il proprio Paese, la Nigeria, e con le bimbe, la moglie e gli altri quattro figli ha raggiunto Londra per parlare coi chirurghi Great Ormond Street Hospital (Gosh), un ospedale specializzato in questi tipi di intervento. Ma di fronti al quadro clinico, già due anni fa il professore Paolo De Coppi, il chirurgo italiano che guida l'equipe medica, aveva rilevato che se fossero rimaste unite le gemelline non ce l’avrebbero fata.

 

«Me l’ha detto Paolo - racconta il papà in un documentario della Bbc -. Non possiamo separarle senza perdere Marieme», la più vivace ma la più gracile, quella con il cuore più debole. Sarebbe lei quella destinata alla morte, la donatrice che dovrebbe sacrificare alla sorella un apparato digerente, un fegato e un intestino. Di fronte al tormento di perdere una e salvare l’altra Ibrahima non ce l’ha fatta a scegliere, o meglio, ha fatto una scelta differente: ha fatto parlare il cuore e la sua fede. Lui, musulmano sufi, non ucciderà una delle sue figlie. Anche se il loro destino è segnato visto che a breve entrambe moriranno. «Sarò qui con loro, fino alla fine», ha concluso Ibrahima nel documentario, «non posso decidere di uccidere una delle due, le amo entrambe».