«Si, sono stato io». Ha confessato di essere stato lui ad uccidere, Antonio De Marco, lo studente 21 enne arrestato ieri sera per l'omicidio di Daniele De Santis e della sua fidanzata Eleonora Manta.

 

La confessione è avvenuta nella notte davanti al procuratore di Lecce, Leonardo Leone De Castris che lo ha interrogato nella caserma dei carabinieri. La notizia della confessione è stata confermata dalla Procura. Ieri sera al termine della conferenza stampa era stato lo stesso Procuratore ad augurarsi che il giovane potesse confessare. «Ho fatto una cavolata  - ha dichiarato -  so di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia» . Sarebbero queste le parole con le quali il giovane avrebbe motivato il delitto. Lo si apprende da fonti investigative.

 

Lo stesso comandante provinciale dell'arma dei carabinieri Paolo Dembech ha escluso il movente passionale «che al momento non si evidenzia» spiegando ai giornalisti che le ragioni andavano a ricercarsi nel periodo di convivenza con la coppia la cui felicità potrebbe avrebbe avere infastidito il presunto omicida, che è un ragazzo «introverso, chiuso, con poche amicizie».

 

«L'azione è stata realizzata con spietatezza e totale assenza di ogni sentimento di pietà verso il prossimo», si legge nel provvedimento di fermo nei confronti di De Marco. «Nonostante le ripetute invocazioni a fermarsi urlate dalle vittime l'indagato proseguiva nell'azione meticolosamente programmata inseguendole per casa, raggiungendole all'esterno senza mai fermarsi. La condotta criminosa, estrinsecatasi nell'inflizione di un notevole numero di colpi inferti anche in parti non vitali (il volto di De Santis) e quindi non necessari per la consumazione del reato, appare sintomatico di un'indole particolarmente violenta, insensibile ad ogni richiamo umanitario».

 

Nei foglietti manoscritti persi durante la fuga è «descritto con inquietante meticolosità il cronoprogramma dei lavori ( pulizia.. acqua bollente ... candeggina.. soda). La premeditazione del delitto risulta comprovata dai numerosi oggetti rinvenuti sul luogo del delitto (abitazione delle vittime e piazzale condominiale ) in particolare il cappuccio ricavato da un paio di calze di nylon da donna, le striscette stringi tubi e appunto i cinque foglietti manoscritti in cui era anche descritta la mappa con il percorso da seguire per evitare le telecamere».