Occorre «accelerare» la cosidetta verifica di maggioranza, così da affrontare «nei primi giorni di gennaio» il Recovery Plan, da consegnare poi alle «forze sociali e al Parlamento» per definirlo in via definitiva «a febbraio», ha detto il premier Giuseppe Conte alla conferenza di fine anno a Villa Madama. «Dobbiamo avere una prospettiva di legislatura nel quadro dell'occasione storica dei 209 miliardi del Recovery plan. Ma non possiamo permetterci di galleggiare». La conferenza si è aperta con un minuto di silenzio in ricordo delle vittime del Covid e in solidarietà dei loro familiari. 

«Ci sono due aspetti che non riesco a fare miei. Uno sono gli ultimatum, non appartengono a mio bagaglio. In un discorso, l'ultimo fatto nel febbraio 1978, Moro ha detto che gli ultimatum non sono ammissibili in politica, significano far precipitare le cose e impedire una soluzione. Io sono per il dialogo e il confronto e trovare una sintesi per il Paese. Un'altra cosa non mi appartiene oltre agli ultimatum - ha aggiunto il premier -. Noi stiamo lavorando al futuro del Paese, stiamo lavorando per il Recovery Plan, abbiamo fatto una manovra espansiva di 40 miliardi, lavoriamo al Bilancio europeo, sono qui per programmare il futuro. Non potrei distogliermi da questi impegni per impegnarmi in una campagna elettorale».

«Il governo non vede disperdere il suo patrimonio di credibilità - ha aggiunto Conte -. Il premier non sfida nessuno, ha la responsabilità di una sintesi politica e di un programma di governo. Per rafforzare la fiducia e la credibilità del governo e della classe politica bisogna agire con trasparenza e confrontarsi in modo franco. Il passaggio parlamentare è fondamentale. Finché ci sarò io ci saranno sempre passaggi chiari, franchi, dove tutti i cittadini potranno partecipare e i protagonisti si assumeranno le rispettive responsabilità», aggiunge dice il premier parlando di un eventuale voto di fiducia in Parlamento al termine delle verifica.

Vaccini e riapertura scuole

A proposito del vaccino Conte annuncia: «Io stesso per dare il buon esempio lo farei subito ma è giusto rispettare le priorità approvate dalle Camere». Tuttavia esclude al momento l'obbligatorietà e confida in una vaccinazione di massa.

Sulla riapertura delle scuole Conte auspica «che il 7 gennaio le scuole secondarie di secondo grado possano ripartire con una didattica integrata mista almeno al 50% in presenza, nel segno della responsabilità, senza mettere a rischio le comunità scolastiche. Se, come mi dicono, i tavoli delle prefetture, hanno lavorato in modo efficace, potremo ripartire quantomeno col 50%». 

«Abbiamo approfittato di dicembre - prosegue - per un ulteriore passo avanti, in una logica di massima flessibilità. Abbiamo coinvolto i prefetti, con tutte le autorità coinvolte, per una sintesi. Abbiamo compreso che il sistema è così integrato che non è possibile decongestionare i flussi attorno alla scuola, anche per il trasporto pubblico locale, se non si integrano i comparti diversi. Le prefetture hanno avuto il compito di coordinare soluzioni flessibili, da valutare paese per paese, scuola per scuola. C'è stata disponibilità a differenziare gli orari di ingresso anche negli uffici pubblici». 

La pandemia e gli aiuti sociali

In Italia dati peggiori sul Covid che altrove? «Teniamo conto che l'Italia è stato il primo Paese europeo e occidentale in cui è scoppiata la pandemia in modo così incisivo. Questo ci ha complicato la risposta e abbiamo dovuto elaborare risposte che non ci consentivano di riprodurre quelle applicate altrove». Così risponde Giuseppe Conte. «Aspettiamo a fare bilanci: avremo sempre il massimo impegno per limitare le limitazioni delle libertà personali. Nella seconda ondata le misure restrittive sono dappertutto e a volte anche in modo più incisivo che da noi», aggiunge.

«Siamo al lavoro con i sindacati e le forze sociali sta già lavorando allo scenario che dovremo affrontare dopo marzo» con la fine del blocco dei licenziamenti: «è uno scenario molto preoccupante. Abbiamo costruito una cintura di protezione sociale che più o meno sta funzionando, ha scongiurato il licenziamento per 600mila persone. Ma dobbiamo lavorare alla riforma e riordino degli ammortizzatori sociali e rendere più incisive le politiche attive del lavoro. Dovremo lavorare per non farci trovare impreparati. Il mercato del lavoro si preannuncia molto critico dopo marzo».