Caso Cucchi, l'ultima lettera prima di morire: «Puoi fare qualcosa per me?»

L’avvocato Fabio Anselmo ha mostrato nell’aula bunker di Rebibbia la missiva che il ragioniere romano indirizzò a Francesco, uno degli operatori del Ceis che lo aiutò ad uscire dal tunnel della droga

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di Redazione
4 ottobre 2019
09:35

«Caro Francesco sono al Sandro Pertini, in stato d'arresto. Scusa se stasera sono di poche parole ma sono giù di morale e posso muovermi poco». Inizia così l'ultima lettera scritta da Stefano Cucchi prima di morire e inviata a uno degli operatori della sua comunità terapeutica Ceis, datata 21 ottobre 2009. Sarebbe deceduto qualche ora più tardi. Dell'esistenza del testo si sapeva già da tempo, già nel 2010 il Tg1 ne rese noto il contenuto, ma oggi è stata mostrata una copia dell'originale durante il processo Cucchi Bis, tenutosi nell'aula bunker del carcere di Rebibbia, nel corso del quale il pm Giovanni Musarò ha chiesto la condanna a 18 anni per i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro accusati di omicidio preterintenzionale.

 


Come si nota, la calligrafia di Cucchi non è lineare, ma sembra scritta da una mano tremolante mentre fa un appello di aiuto. «Volevo sapere se potevi fare qualcosa per me. Adesso ti saluto, a te e agli altri operatori. Ps per favore rispondimi», ha terminato Stefano, che da lì a poche ore sarebbe morto. Per altro, proprio questa lettera è scomparsa e poi apparsa nei verbali e spedita quattro giorni dopo il suo decesso, avvenuto il 22 ottobre 2009 all'ospedale Pertini mentre era in stato di detenzione. La missiva porta infatti il timbro di spedizione del 26 ottobre. Quel foglio su cui il 32enne lanciava una richiesta di aiuto, chiuso in una busta, era tra le cose che Cucchi aveva con sé quando è morto come dimostrava l'inventario redatto all'ospedale «in riferimento al decesso del detenuto», con l’elenco degli «effetti personali», restituiti al carcere di Regina Coeli: oltre a due paia di calzini, due mutande, due maglie intime e una tuta da ginnastica, compare «una busta da lettera».

 

«Questa è la lettera che ha scritto Stefano Cucchi poche ore prima di morire – ha spiegato oggi in aula l'avvocato Fabio Anselmo -. Ne siamo entrati in possesso in modo rocambolesco, l'abbiamo depositata subito alla Procura della Repubblica. La grafia è quella di una persona fortemente sofferente, che scrive al Ceis, scrive alla comunità. Si è sostenuto che lui non fosse più interessato a vivere, ma Stefano Cucchi non voleva morire, voleva avere un futuro, è la verità e questa è una prova documentale inconfutabile. Se ha rifiutato il cibo, se ha bevuto poca acqua era perché era devastato dal dolore dei traumi subiti». Il ragioniere romano, che venne arrestato una settimana prima del decesso, aveva trascorso al Ceis circa 8 mesi. Nel 2010, Francesco, il destinatario della lettera di Cucchi, affermò: «Io dell'esistenza della lettera sono venuto a conoscenza attraverso i telegiornali. Non l'ho mai vista né so come sia arrivata alla sede del Ceis di via Ambrosini».

 

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