Non sono tutti i 4200 in cerca di stabilità ma le centinaia di tirocinanti affluiti in piazza Prefettura di Catanzaro urlano con rabbia il loro diritto a diventare visibili. Eh sì, perché in pratica il paradosso di questi lavoratori è di essere indispensabili negli enti statali di cui fanno parte ma di non avere riconosciuti gran parte dei diritti, tranne il modestissimo mensile che arriva loro, a volte pure con ritardo.

Dietro ognuno di loro c'è una storia diversa e comune allo stesso tempo che viene fuori, prorompente in ogni cartello, in ogni slogan urlato.

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«Vengo da Tortora, Alto Jonio cosentino - ci dice Antonio - ho cinquantasette anni e da oltre dieci sono precario. Faccio protocollo al Comune e quando manco, come oggi, c'è un posto vacante».

«Mi chiamo Santina, sono mamma di 3 figli e lavoro da 7 anni al Comune di Crotone - dice Santina - Non abbiamo diritti, sfido chiunque a mantenere una famiglia con 700 euro al mese, a casa non ci si porta nulla. Meno male che mio padre mi ha lasciato la casa almeno non pago l'affitto, altrimenti sarei stata rovinata, vogliono che andiamo a rubare?».

«Io lavoro al liceo Pitagora di Rende - dice Francantonio - è dura, è difficile. Loro lo sanno ma fanno orecchie da mercante. Bisogna dirlo, la Calabria ogni anno restituisce miliardi di fondi europei. Ora ci sono quelli del Pnrr – incalza - e noi siamo senza soldi».

Nel bacino di precariato non sono finiti solo mestieri di base ma anche professionisti. La precarietà non fa differenze e affligge ultracinquantenni e giovani.
«Sono Anna, una tis, faccio parte di questo gruppo di tirocinanti dal 2020 - afferma una giovane avvocata - e lavoro al Comune di Botricello. Non c'è un futuro, una prospettiva, non si riesce a fare un progetto nel lavorativo e nel personale. Questo incide molto sulla serenità e sulla felicità delle persone. Lotterò per la mia vita e per realizzare i miei progetti».