Tirocinanti della giustizia esasperati, ma dal Governo giungono spiragli

VIDEO | A settembre prevista l’emanazione di un bando per 600 lavoratori ma fuori ne rimarrebbero più del doppio

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di Marco  Lefosse
26 giugno 2019
12:07

«Non ce la facciamo più. Da otto anni andiamo avanti a furia di stenti e promesse e lavoriamo in nero per lo Stato. Adesso vogliamo la stabilizzazione, da tirocini a tirocini dal 2012 ci hanno portato fino ad oggi». È lo sfogo amaro di Bouchra Habby, giovane tirocinante della giustizia di origine magrebina trapiantata in Italia. Anche lei sabato scorso era a Reggio Calabria a manifestare, insieme alle migliaia di lavoratori che hanno risposto alla chiamata della triplice sindacale per la grande manifestazione nazionale sul lavoro.

«Da dicembre siamo fermi senza contribuiti»

«È dallo scorso dicembre  – aggiunge Habby – che siamo fermi senza nessun contributo, senza indennità di malattia e senza nessun altro ammortizzatore. Chiediamo la stabilizzazione, una riconoscenza al nostro lavoro che da otto anni continua a tirocini». Insomma, un lavoro in nero legalizzato dallo Stato. Un po’ come lo è stato in venticinque lunghi anni per i circa cinquemila lavoratori calabresi appartenenti all’ex bacino LSU/LPU (che continuano a rimanere precari!). Gente, insomma, che chiede il riconoscimento di un diritto acquisito in tanti anni di servizio. Nulla più.


Uno spiraglio dal governo?

Uno spiraglio, però, dovrebbe giungere a breve dal governo. E a confermarlo sono gli stessi tirocinanti che martedì scorso si sono ritrovati con una delegazione davanti alla sede del Ministero della Giustizia a Roma per un flash mob di protesta e per avere lumi sul loro futuro lavorativo. Ai margini della manifestazione romana una delegazione dei tirocinanti è stata ricevuta dal sottosegretario Vittorio Ferraresi.

«Il ministero – dice Antonio Caruso, anche lui tirocinante della giustizia ed esponente della Cgil- Funzione pubblica – ci ha risposto positivamente per quelle che erano, in parte, le nostre rivendicazioni. Entro settembre, infatti – spiega – dovrebbe essere emanato un bando per 600 persone da stabilizzare». Certo, però, 600 persone sono solo meno di un terzo dei duemila lavoratori che chiedono stabilizzazione. «A noi – aggiunge caruso – questo non ci basta perché c’è la possibilità di poter estendere ad altri 600 idonei la graduatoria in modo da poter pescare proprio da questo bacino le eventuali, ulteriori assunzioni».

Insomma, tutto rimandato a settembre con la speranza che si possa vedere speranza in fondo al tunnel.     

Giornalista
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