Il bergamotto è il simbolo di Reggio Calabria, un’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo per le sue proprietà uniche e per il suo utilizzo in profumeria, nell’industria alimentare e nella cosmesi. Eppure, il riconoscimento dell’IGP (Indicazione Geografica Protetta), che dovrebbe certificare l’origine e la qualità del prodotto, si è trasformato in un percorso tortuoso, tra ostacoli burocratici, attacchi legali e manovre oscure che hanno rischiato di snaturarne l’identità territoriale.

A guidare questa battaglia c’è il Comitato Promotore Bergamotto di Reggio Calabria Igp, presieduto da Rosario Previtera. Un comitato che, negli ultimi anni, ha lavorato senza sosta per ottenere il riconoscimento ufficiale, garantendo ai produttori locali uno strumento di tutela fondamentale. Tuttavia, ogni passo in avanti è stato accompagnato da tentativi di blocco, strategie dilatorie e un acceso scontro con chi, invece di sostenere questa certificazione, ha cercato in tutti i modi di frenarne l’iter.

Ricorsi al Tar, cavilli giuridici, pressioni dietro le quinte: il cammino dell’Igp sembrava finalmente giunto alla sua conclusione quando, nei mesi scorsi, due ricorsi presentati all’ultimo momento hanno tentato di far saltare tutto. Ma questa, come emerge dalle parole di Rosario Previtera, è solo la punta dell’iceberg. Dietro le difficoltà burocratiche si nasconde qualcosa di ben più grave: un piano segreto per riscrivere la storia del bergamotto, eliminando l’esclusività di Reggio Calabria e aprendo il mercato a nuove manovre speculative.

Il tentativo di bloccare l’Igp

Quando il percorso dell’Igp sembrava ormai in dirittura d’arrivo, ecco il colpo di scena. Due ricorsi al Tar, presentati in piena fase conclusiva, hanno tentato di bloccare il riconoscimento. Uno, datato 16 gennaio, è stato reso noto solo successivamente. L’altro, invece, è stato presentato il giorno prima della riunione di pubblico accertamento del 28 gennaio alla cittadella, con un tempismo che non lasciava dubbi, per il Comitato, sulla sua reale intenzione: far saltare la discussione e bloccare tutto sul nascere.

Rosario Previtera racconta quegli attimi cruciali. «Hanno provato a giocare la carta della pregiudiziale, sostenendo che l’audizione non potesse svolgersi perché pendeva un ricorso. Pensavano di fermarci sul piano legale». Ma il Ministero non ha avallato tale tesi. «La risposta - racconta Previtera - è stata netta: Inutile insistere. La normativa comunitaria è superiore a qualsiasi ricorso. Siamo qui per discutere il disciplinare, non per dare spazio a contestazioni pretestuose».

A quel punto «chi sperava di sabotare l’udienza ha provato a forzare la situazione, tentando di scaldare gli animi per creare un clima di tensione che potesse giustificare l’interruzione della seduta. Ma la sala in Cittadella era compatta, con oltre 280 firme di presenza e centinaia di produttori determinati a portare avanti il percorso».

«Hanno persino provato a dire che non c’era il clima adatto all’audizione, che l’atmosfera era tesa», racconta Previtera. «Ma la verità è che la gente era semplicemente determinata, in attesa. Nessuno ha accettato di farsi intimorire. Quando il tentativo di far saltare l’audizione è fallito, chi si opponeva ha deciso di alzarsi e abbandonare la riunione, sperando di innescare il caos. Ma nessuno si è lasciato distrarre. L’audizione è andata avanti e il procedimento ha superato anche questo ennesimo ostacolo».

La rivelazione di Previtera: il disciplinare ombra per cancellare l’identità reggina del bergamotto

Nel corso della battaglia per il riconoscimento dell’Igp, Rosario Previtera e il Comitato Promotore si sono trovati a fronteggiare ostacoli di ogni genere. Ma nessuno si aspettava di scoprire qualcosa di ancora più grave.

A rivelarlo è lo stesso Previtera, nel corso dell’intervista, con parole che pesano come macigni. «Abbiamo scoperto qualcosa di incredibile. Non si trattava solo di ostacolare il nostro Igp, ma di riscrivere completamente la storia del bergamotto».

Affermazioni forti, che il presidente del Comitato Promotore racconta con trasporto. «Era pronto un disciplinare parallelo, un vero e proprio disciplinare ombra. Se il Tar avesse accolto il ricorso, avrebbero proseguito l'iter della Dop ma con un altro nome: “Bergamotto di Calabria Dop”. Non di Reggio, quindi, ma dell’intera regione. Questo significava cancellare l’esclusività reggina e distribuire la denominazione su scala regionale».

L’operazione era «studiata nei minimi dettagli: un documento già pronto, chiuso in cassaforte, da far subentrare nel momento giusto. L’idea era quella di far slittare il processo, di tenere la pratica sospesa il tempo necessario affinché le carte potessero essere cambiate all’ultimo momento».

Ma perché questa mossa? Perché, spiega Previtera, dietro l’Igp c’è «una battaglia di interessi molto più grande di quanto si possa immaginare. Togliere l’esclusività a Reggio Calabria significava spalancare le porte a chi voleva sfruttare il nome del bergamotto senza alcun legame con il nostro territorio».

Il nodo centrale, però, è uno: tutto questo, secondo il presidente del comitato promotore, era tecnicamente impossibile. «Per ottenere un Igp bisogna dimostrare almeno 25 anni di produzione documentata e un legame inequivocabile con il territorio - spiega Previtera -. Solo Reggio Calabria ha questa storicità. Chi ha provato a cambiare il disciplinare sapeva benissimo che non avrebbe potuto dimostrare nulla, ma il loro obiettivo era un altro: fermarci il più a lungo possibile per creare uno scenario in cui l’operazione potesse essere imposta con il tempo».

Sono oltre 500 le aziende e più di 800 gli ettari dedicati alla produzione del Bergamotto di Reggio Calabria che si appresta ad ottenere il marchio Igp. Il presidente del comitato promotore Rosario Previtera fa punto sull'iter

Le parole di Previtera sono pesanti e delineano un quadro inquietante. «Volevano farci demordere e far approvare, secondo non si sa quale principio del "gruppo anti IGP", un disciplinare regionale da sostituire all’ultimo momento, qualora l'iter della Dop fosse stato approvato. Iter mai istruito, da cui il ricorso presentato contro il Masaf. Una strategia per cambiare le carte in tavola senza rifare l’intero iter».

Ma il piano non è riuscito. «Hanno tentato di manovrare il percorso dell’Igp a loro favore, ma non ci sono riusciti - conclude Previtera -. Abbiamo sventato un’operazione che avrebbe stravolto tutto».

La crisi del settore e l’importanza dell’Igp

Se la battaglia per l’IGP fosse solo una questione burocratica, la situazione sarebbe già grave. Ma dietro questo riconoscimento si gioca una partita ancora più importante: la sopravvivenza del settore e la tutela dei produttori.

Rosario Previtera non usa mezzi termini: «Oggi ci sono 50 mila quintali di bergamotto invenduto. Un’enormità. E il motivo è semplice: il mercato è stato invaso da prodotto proveniente da fuori provincia, venduto a prezzi stracciati».

Il meccanismo, spiega il presidente, «è perverso: chi ha impianti di trasformazione può permettersi di acquistare bergamotto da altre zone a prezzi irrisori» abbassando il valore del prodotto calabrese e mettendo in ginocchio gli agricoltori. «Se un’industria può acquistare a 35 centesimi al chilo da altre province, perché dovrebbe pagare il bergamotto di Reggio Calabria a un prezzo equo? - spiega Previtera -. Il problema è che questo distrugge il tessuto produttivo locale».

E non è tutto. C’è un’altra minaccia che sta erodendo il mercato del bergamotto: «l’essenza viene sempre più tagliata con terpeni e additivi chimici. Oggi in commercio troviamo essenza di bergamotto che in realtà è solo per il 10% autentica - denuncia Previtera -. Il resto sono composti chimici che abbassano la qualità e svalutano il nostro prodotto. Se il mercato dell’essenza viene falsato in questo modo, la richiesta di bergamotto puro diminuisce. Ed ecco perché ci ritroviamo con tonnellate di prodotto invenduto».

L’IGP avrebbe potuto evitare tutto questo? La risposta di Previtera, in merito, è netta. «Sì. Se l’IGP fosse già operativo, avremmo aperto un nuovo mercato: quello del fresco e dei prodotti agroalimentari derivati». E l’esempio è lampante. «A Roma e nel Nord Italia troviamo bergamotto in vendita a prezzi alti, ma proviene dalla Sicilia. In Trentino il frutto viene venduto a 2 euro al pezzo, eppure non è il nostro. Se avessimo avuto l’IGP, il marchio avrebbe certificato l’origine e avremmo garantito valore ai produttori».

L’IGP, quindi, non è solo un marchio, ma uno strumento per cambiare il destino del settore. «Con l’IGP saremmo entrati nel mercato del fresco con una garanzia di qualità e di origine. Il consumatore avrebbe potuto scegliere un bergamotto certificato, e i produttori avrebbero potuto vendere a un prezzo equo».

Ma così non è stato. E la crisi si fa sempre più pesante.

L’ultimo ostacolo: la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale

Dopo anni di battaglie, il percorso dell’IGP Bergamotto di Reggio Calabria dovrebbe essere giunto alla sua conclusione. Eppure, il riconoscimento è ancora fermo in un limbo burocratico.

«Abbiamo superato ogni ostacolo, risposto a ogni contestazione. Il processo è completato. Ma siamo ancora fermi», racconta Previtera. «Il Ministero ha deciso di temporeggiare, ufficialmente per attendere l’esito dei ricorsi al TAR».

Una scelta che lascia più di un dubbio. «Di fatto, stiamo aspettando senza motivo. Il TAR non ha bloccato nulla. Il Ministero non aveva alcun obbligo di fermare la pubblicazione». E il problema è che ogni giorno di ritardo pesa come un macigno sul futuro del settore.

«Se l’IGP non viene riconosciuto in tempi brevi, rischiamo di perdere un’altra stagione produttiva», avverte Previtera. «Gli agricoltori non possono aspettare all’infinito. La crisi è già pesante. Serve una certezza, serve una tutela concreta».

L’attesa, però, rischia di aprire nuovi scenari. «Chi ha cercato di bloccare l’IGP spera proprio in questo: che il tempo giochi a loro favore, che si crei un clima di stallo in cui tutto venga rimandato all’infinito». Ma il Comitato Promotore non ha intenzione di arrendersi. «Noi non ci fermeremo. Chiediamo che il Ministero proceda subito con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Abbiamo lavorato troppo duramente per lasciare che tutto si areni a un passo dalla meta».

Una battaglia per l’identità e il futuro del bergamotto

Non è solo una certificazione. L’IGP è la linea di confine tra chi vuole costruire un sistema trasparente e chi vuole continuare a muoversi nell’ombra.

Rosario Previtera è consapevole di questo. «Non è mai stata una battaglia tecnica o burocratica. Chi si è opposto sapeva bene cosa stava facendo. Hanno provato a rallentarci, hanno tentato di riscrivere le regole. Non ci sono riusciti, ma il tempo gioca ancora a loro favore».

L’attesa pesa sulle spalle degli agricoltori. Senza tutele, il prodotto rischia di essere svalutato, il mercato resta in balia di manovre speculative. Ogni ritardo è un danno per chi produce, non per chi sfrutta il sistema. «Il bergamotto è Reggio Calabria. Non è un concetto astratto, è un legame scritto nella storia, nell’economia, nel paesaggio stesso. Il disciplinare ombra voleva cancellare tutto questo con un tratto di penna. Abbiamo impedito che accadesse, ma non possiamo permetterci di abbassare la guardia».

«Nessuno può fingere che il problema non esista. Ogni stagione che passa senza una certificazione è un vantaggio per chi vuole tenere in piedi meccanismi opachi». Ogni giorno senza l’IGP, insomma, è una sconfitta per chi lavora la terra e non per chi gestisce potere e denaro.

«Siamo a un passo – conclude Previtera -. Adesso il Ministero ė in attesa dell’esito del Tar, sperando che non ci siano rinvii o brutte sorprese. Ma confidiamo nel fatto che pubblichi comunque il disciplinare sulla Gazzetta Ufficiale, com’è giusto che sia, e che quindi l'iter possa poi passare e concludersi a Bruxelles entro il prossimo ottobre».