Il Consiglio di Stato ha condannato la Regione Calabria sui concorsi riservati solo ai dipendenti interni dell’amministrazione. Il Consiglio di Stato, infatti, ha accolto il ricorso presentato da un laureato in Ingegneria civile che si era rivolto al Tar calabrese poiché i «provvedimenti impugnati gli precludevano la possibilità di partecipare ai concorsi per la copertura dei posti vacanti, illegittimamente tutti riservati al personale già dipendente dell'ente». Per il Consiglio di Stato, quindi, la Regione Calabria si sarebbe sottratta “al principio del pubblico concorso, senza alcuna motivazione delle ragioni di tale deroga in violazione del principio di imparzialità e buon andamento (ex art. 97 della Costituzione), creando altresì una ingiustificata posizione di privilegio per il personale già dipendente (in violazione dell’articolo 97) ed impedendo così altrettanto ingiustificatamente di concorrere per l’accesso nella pubblica amministrazione”.


Nel 2006, il Tar di Catanzaro rigettò il ricorso, da qui l'appello al Consiglio di Stato.Con la sentenza depositata lo scorso 7 settembre, i giudici amministrativi hanno condannato l'ente al pagamento di 8.000 euro stabilendo anche l'annullamento dei decreti dirigenziali del 26 giugno e dell'8 luglio 2003, di indizione delle selezioni verticali alle categorie D1 e D3 per il personale dipendente della Regione, nonché delle delibere della Giunta regionale 198 del 6 marzo 2001, 651 del 24 luglio 2001 e 737 del 6 agosto 2002, concernenti la dotazione organica degli uffici regionali.

 

Secondo il Consiglio di Stato i dipendenti che usufruirono di quella progressione di carriera dovrebbero rientrare nelle categorie di partenza. Sarebbero 799 dipendenti per la categoria D1 e 186 per la D3, per un totale di 985 funzionari regionali.