Dirigenti e impiegati di aziende private, dipendenti di una fabbrica o di un centro commerciale, corrieri. Tutti avevano un lavoro, un contratto e una sicurezza che la crisi del 2008 ha spazzato via. Una delegazione dei quattromila tirocinanti calabresi, in piazza Italia a Reggio Calabria, ha protestato per attirare, in questa campagna elettorale che li sta ignorando, l’attenzione sulla condizione di precarietà in cui continuano a versare.

Ritornano ancora una volta a chiedere di essere contrattualizzati e di poter godere pienamente del diritto al lavoro che di fatto svolgono ormai da anni. Chiedono che la recente proroga, accordata fino al 2023, diventi un’occasione per perseguire definitivamente questo obiettivo.

Una storia di precariato e precarietà

«Dalla mobilità in deroga, alle politiche attive del lavoro fino ai tirocini di inclusione lavorativa, i cosiddetti Tis, con riferimento ai quali è stata adesso accordata una nuova proroga fino al 2023. Proroga che accogliamo come sostegno al reddito non come soluzione, ricordando che la questione dei tirocinanti, grazie all’intervento di Roberto Occhiuto e Francesco Cannizzaro in Parlamento qualche anno fa, è diventata nazionale. Auspichiamo pertanto che questi dodici mesi siano impiegati per creare le condizioni di una contrattualizzazione», sottolinea Francesco Creazzo, tirocinante dal 2012 e negli ultimi tre anni impegnato al comune di Scilla.

Un tavolo nazionale per la contrattualizzazione

Sulla stessa linea anche Loredana Macrì, anche lei precaria da un decennio. «Dobbiamo essere presi in carico dal Governo centrale, certamente con il coinvolgimento della Regione Calabria, che dovrà sedere al tavolo istituzionale che chiediamo sia incardinato in questo anno di proroga, per definire in modo certo e positivo la nostra situazione. In fondo chiediamo soltanto che i nostri diritti e il contributo finora da noi reso al Pubblico, sia riconosciuto».

Sfruttamento di Stato

Figlie e figli della crisi, dopo aver perso il lavoro, sono entrati nel Pubblico e oggi, a distanza di oltre dieci anni, si ritrovano ancora senza tutele e senza garanzie. Sentono di essere vittime di sfruttamento da parte dello Stato che pratica così forme di lavoro nero legalizzato.

«Non possiamo andare avanti in questa maniera. La retribuzione che lo scorso anno, quando Occhiuto era già presidente della Regione, da 500 euro è salita a 700 euro, viene corrisposta ogni due mesi, quando non ci sono ritardi, altrimenti i mesi diventano tre. Non abbiamo malattia e durante il Covid, non abbiamo percepito nulla», spiegano ancora Giuseppe Bianco e Vincenzo Laganà, impiegati da alcuni anni nell’archivio delle cartelle cliniche del Gom di Reggio Calabria.

Rispetto e riconoscimento della dignità

Una situazione presentata stamane come una bomba sociale. I tirocinanti si sentono ignorati, nonostante il contributo essenziale reso alla pubblica Amministrazione.

«Io lavoro in Asp a Reggio dal 2016. Molti uffici riescono a operare grazie alla nostra collaborazione. Chiediamo pertanto il riconoscimento della nostra dignità. Non abbiamo ferie, non possiamo chiedere permessi e non abbiamo contributi versati. Eppure il nostro apporto al Pubblico è sostanziale per tenere in vita l'amministrazione Pubblica in Calabria», sottolinea il tirocinante Antonio Federico.

«Meritiamo delle risposte. Non possiamo continuare a restare sospesi. Io lavoro nella Polizia metropolitana dal 2013. Speriamo che qualcuno faccia qualcosa per noi. Per il momento sappiamo che avremo questo sostentamento al reddito fino al 2023. Ma nulla di più», dichiara Maria Rappoccio.