«Il reddito di cittadinanza ha una giusta finalità: chi si trova in una situazione di difficoltà deve essere sostenuto e aiutato. Ma va detto con molta chiarezza che il rischio di assistenzialismo è molto alto se non legato a percorsi di inserimento al lavoro». Ad affemarlo in una nota il consigliere regionale Carlo Guccione.

«Il decreto è sbagliato e rischia di screditare e vanificare lo strumento stesso. Mettere in campo il reddito di cittadinanza senza che i Centri per l’impiego funzionino produrrà una catena clientelare e,se guardiamo alla nostra regione, si rischia una vera e propria degenerazione. Attualmente in Calabria nessuno dei 15 Centri per l’impiego (Cpi) è in grado di reggere tale impatto.
Ad oggi negli uffici del servizio pubblico regionale calabrese risultano impegnati 406 operatori che si trovano a gestire circa 1500 disoccupati a testa, contro una media nazionale – secondo gli ultimi dati Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) - di 359 disoccupati per ogni operatore. Come faranno a reggere l’impatto del reddito di cittadinanza?».

 

Guccione pone l’accento sulle «difficoltà dei dipendenti che si vedrebbero impegnati nella gestione dei beneficiari del reddito di cittadinanza e poi nell’accompagnamento nel mondo del lavoro. I Cpi, contando al momento sullo stesso numero di dipendenti, già largamente deficitario,si troveranno a gestire un carico di lavoro maggiore, considerando anche che la Calabria è una delle regioni con il più alto tasso disoccupazione e ciò comporta un utilizzo maggiore dei servizi pubblici per il lavoro.
In Calabria si registra già da ora un’aspettativa altissima. In queste settimane persone che mancavano da anni ai Cpi, sono ritornate a iscriversi. Così come professionisti, commercianti, titolari di partita iva preferiscono chiudere le proprie attività per essere potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza, dando dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.
I Centri per l’impiego calabresi non sono nelle condizioni di fronteggiare la mole di lavoro che arriverà con le pratiche del reddito di cittadinanza. Il rischio è che tale strumentosi trasformi in una semplice Social Card rilasciata dall’Inps.
In queste condizioni si arriverebbe a una doppia beffa: l’illusione per migliaia di famiglie di ottenere benefici e l’illusione per tanti giovani di entrare nel mondo del lavoro anche attraverso la figura dei tutor-navigator».


Per il consigliere regionale «urge un tavolo istituzionale specifico tra Regione Calabria e Governo nazionale. In queste condizioni nella nostra regione il Reddito di cittadinanza si limiterebbe solo a una semplice erogazione di una Social card.
Al di là delle competenze istituzionali specifiche, vanno messe in campo una serie di iniziative finalizzate ad ottenere una reale applicazione del Reddito di cittadinanza. Ad oggi il vero primo atto del federalismo differenziato, proprio alla luce delle differenze logistiche, gestionali, organizzative e di carico lavorativo dei Cpi (un dipendente su 350 disoccupati nelle regioni del Triveneto, un dipendente su 1500 disoccupati in Calabria)tra le regioni del Nord, quelle del Sud e la Calabria, avverrebbe proprio su questa materia.
Tale enorme divario tra i vari uffici pubblici del lavoro delle diverse regioni impegnati nell’erogazione del reddito di cittadinanza, garantirebbe al Sud un semplice sostegno assistenziale, mentre al Nord uno strumento di vero accompagnamento al lavoro».