Allevatori sull’orlo di una crisi di nervi, operatori turistici con il fiato sospeso, sindaci preoccupati: l’epidemia di peste suina africana che ha colpito il reggino nelle scorse settimane rischia di provocare seri danni all’economia dell’intera provincia.

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Se i primi focolai – a decine di chilometri di distanza l’uno dagli altri – avevano infatti colpito la popolazione dei cinghiali selvatici, nei giorni scorsi i veterinari dell’Asp hanno verificato la presenza di una manciata di casi anche in due allevamenti di maiale nero d’Aspromonte nella zona montana del comune di Africo, non troppo distante dal paese abbandonato di Casalinuovo. Poco più di 120 i capi di bestiame che sono stati abbattuti dai veterinari nel tentativo di circoscrivere il contagio.

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Zona di protezione e di sorveglianza

Una situazione che ha portato la stessa Asp a dichiarare una nuova “zona di protezione” nel territorio del comune reggino (escluso dall’ordinanza di Occhiuto che fissa in 26 i centri della provincia considerati “zona infetta”) e una ulteriore zona di “sorveglianza” che, allargandosi a raggera per una decina di chilometri, finisce per comprendere i comuni di Samo, San Luca, Casignana, Sant’Agata del Bianco, Ferruzzano, Bruzzano Zeffirio, Staiti, Bova, Roghudi, Roccaforte del Greco, Palizzi, Condofuri, San Lorenzo, Caraffa del Bianco e Brancaleone.

Fissati i termini burocratici dettati dall’epidemia di Psa però, sul piatto rimane una situazione di estrema incertezza che coinvolge gli allevatori (certamente la categoria più colpita dalla diffusione del morbo), gli operatori turistici che lavorano nei territori finiti in zona rossa, gli amministratori locali che lamentano la scarsità di istruzioni, e la stessa Regione che, fatto salvo un generico invito a non creare allarmismi, si è limitata fino ad ora a monitorare gli eventi. Lo stesso assordante silenzio che rimbalza fino alla città metropolitana e alle associazioni dei comuni – Locride, Piana e Grecanica – i cui territori sono compresi nell’ordinanza restrittiva della settimana scorsa.

L'appello a Occhiuto

E proprio agli uffici della cittadella di Germaneto si è rivolto il presidente regionale della Confederazione dei produttori agricoli, Francesco Macrì che ieri, al termine di una assemblea tra i soci, ha richiesto un incontro urgente al presidente Occhiuto. «La Copagri Calabria – si legge nella nota – è fortemente preoccupata della drammaticità della situazione, per le pesanti ricadute sul piano occupazionale, produttivo ed economico di un’area come la Locride, già fragile nel suo tessuto sociale ed economico, incapace di reggere una ulteriore ricaduta».

Sul tavolo infatti ci sono le limitazioni alla vendita di carne suina (e dei suoi derivati) al di fuori delle zone di restrizione che potrebbero travolgere l’intero comparto. Solo nel territorio compreso tra la Locride e la fascia Grecanica dell’Aspromonte infatti sono numerosi gli allevamenti che, negli ultimi anni, hanno fatto incetta di premi qualità sui mercati nazionali e internazionali. Solo la Cooperativa “Maiale nero” conta una trentina di soci con aziende disseminate a macchia di leopardo in mezza provincia. Un migliaio i capi pronti alla macellazione: «Abbiamo chiesto di potere utilizzare anche altri macelli più lontani dalla nostra zona per cercare di fare presto – dice Macrì – ma ancora, ad oggi, non è chiaro se possiamo lavorare la carne una volta macellate le bestie e se e su quali mercati possiamo venderla. La situazione è critica anche perché finalmente, dopo il grande lavoro di recupero che abbiamo fatto sulla razza autoctona del maiale nero d’Aspromonte, la nostra attività cominciava da avere anche promettenti riscontri economici».

Sindaci preoccupati

E a vista navigano anche gli amministratori comunali che lamentano la scarsità di disposizioni precise. «L’Asp di Reggio ci ha mandato un’ordinanza in cui si dice che siamo diventati “zona di protezione” – racconta il sindaco di Africo Domenico Modafferi nel cui comune sono stati riscontrati, per la prima volta in Calabria, casi di psa in allevamenti domestici – ma ora quegli animali sono stati abbattuti. Si trattava di allevamenti in montagna, finora i casi sono circoscritti a contrada Carrà e non si sono registrati altri casi in paese. Il punto è che non è chiaro che limitazione comporti la zona di “protezione”. Da noi non ci sono solo gli allevamenti destinati al mercato e sono tante le famiglie che allevano il maiale solo per uso domestico, come dobbiamo comportarci in questi casi? Sono preoccupato, spero che arrivino disposizioni più precise».