Se non è carboneria poco ci manca, ma la Calabria continua a non brillare in quanto a trasparenza e conoscenza della ricaduta del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Oggetto pressoché sconosciuto al grande pubblico, ma anche gli addetti ai lavori non dimostrano di saperne più di tanto. C’è un caso che più di altri conferma il ritardo di informazioni e, mentre tutti sono concentrati sul quantum – contestando ovviamente la porzione di risorse del Recovery che il governo destinerà al Mezzogiorno – c’è il rischio che quel che accade nell’area grecanica reggina asseveri la tesi secondo cui poco o nulla, oltre i titoli dei progetti, si trovi negli incartamenti partiti alla volta di Roma.

«Negli uffici del Comune abbiamo uno studio di fattibilità e la sintesi del progetto – spiega il sindaco di Montebello Jonico, Maria Foti – ma so che l’Università ha tutte le carte a posto». Il riferimento tranquillizzante ma non troppo è al progetto, preparato dall’Ateneo reggino e fatto suo dalla Città metropolitana di Reggio Calabria, che prevede la nascita di una sorta di campus nell’area dove doveva sorgere la Liquichimica. Silicom valley calabrese, l’hanno chiamata pomposamente i giornali, intravedendo, là dove oggi vi sono i resti di una archeologia industriale prodotta negli anni ’70 dai fallimenti dello Stato, il riutilizzo delle aree possibile con gli 80 milioni richiesti.

«Non vogliamo più false promesse – puntualizza la sindaca del Pd – e per questo ho preteso che nella pianificazione si tenesse nella giusta considerazione la posizione del Comune, visto che quando mi sono insediata non c’era affatto dialogo». L’amministratrice ha ottenuto l’ascolto che cercava, è entrata nella cabina di regia formata dal sindaco metropolitano Falcomatà, ma negli uffici del municipio di questo Centro di quasi 7.000 anime, si trovano solo documenti striminziti a proposito del mega progetto. «Dovete chiedere all’Università, io non posso dirvi nulla di più, nè posso farvi vedere il contenuto degli atti», risponde Foti a chi chiede ragguagli e cifre.
Pace fatta tra i soggetti della pianificazione, ma rimangono dubbi su un metodo che addensa i misteri che la sindaca non aiuta a chiarire.

Sono 120 le schede progettuali che la Regione ha detto di aver trasmesso a Roma, ma se tutte sono avvolte nel mistero come questa per l’area grecanica, non c’è da stare tranquilli.

Nei municipi non ci sono documenti sufficienti e Sorge il sospetto che la Calabria bussi a denari con poco o nulla sul tavolo, o comunque che all’appuntamento epocale del recovery vi sia una classe dirigente che arrivi impreparata o che – per evitare altri tradimenti - magari si fidi troppo dell’Università, a cui, a questo punto, non resta che andare a chiedere informazioni più precise su un progetto considerato salvifico.