Sono stati costretti a scendere ancora una volta in piazza a causa del perenne stato di precarietà, sono i lavoratori ex Lsu - Lpu, circa 800 padri e madri di famiglia in Calabria, da oltre 20 anni in attesa di una stabilizzazione o stabilizzati ma con ore di lavoro drasticamente ridotte, anche 12 a settimana,  e stipendi da fame che in alcuni casi arrivano a malapena a 400 euro al mese. Per questo hanno deciso di manifestare nel piazzale della cittadella regionale a Catanzaro, per chiedere dunque di uscire dal pantano del precariato e vedersi riconosciuta la loro dignità di lavoratori. Sono coloro che negli uffici comunali svolgono mansioni fondamentali per il buon funzionamento degli enti pubblici.  

La disperazione dei lavoratori

«Siamo costretti a fare le ore che fanno i dipendenti normali, con uno stipendio normale, per poter mandare avanti i servizi comunali – spiega Maria Rosaria Albano, lavoratrice del comune di Serra San Bruno -. Lo Stato dovrebbe garantire ai cittadini un lavoro dignitoso con uno stipendio dignitoso per poter vivere. Perché la libertà di una persona si misura con la dignità del lavoro. Se non ci garantiscono lo stipendio non possiamo vivere ma ci fanno morire di fame».  «Ci ritroviamo ancora una volta qui a manifestare alla nostra età – aggiunge Antonella Pisani, anche lei lavoratrice del comune di Serra San Bruno -. Abbiamo iniziato a lavorare da giovani e ora dove dobbiamo andare? Abbiamo figli da mantenere, mariti che non lavorano e un'emergenza sanitaria in corso». «Abbiamo le spese da pagare, affitto di casa, luce. Non riusciamo nemmeno a portare il pane a casa per mangiare – sottolinea Addolorata Speziali, sempre del comune del vibonese -. Sarebbe meglio ucciderci subito anziché farci morire piano piano. Dopo 25 anni di precariato mi trovo su una strada e non so perché».

La vicinanza degli amministratori locali

A sostenere la battaglia dei lavoratori, nel piazzale della cittadella regionale a Catanzaro, il sindacato Usb e diversi amministratori locali. «Per gli enti comunali il contributo di queste persone è fondamentale – ha rimarcato il sindaco di Capistrano, Marco Martino -, nel nostro caso abbiamo 3 dipendenti effettivi e 13 unità tra lsu ed lpu. Senza di loro o con la riduzione del loro orario di lavoro siamo praticamente al collasso». «Io ho stabilizzato tutti i miei lsu ed lpu – ha aggiunto il sindaco di Bivongi, Vincenzo Valenti – in tutto sono 16, ma con orario ridotto. Pertanto  percepiranno uno stipendio che non è dignitoso».

La risposta dell'assessore regionale non convince

A recepire le istanze dei lavoratori è stato l’assessore regionale al lavoro Fausto Orsomarso ma le sue parole non hanno rasserenato gli animi:  «Non ci ha convinto per niente, si continua a parlare in politichese – ha affermato con forza  Aurelio Monte, del sindacato Usb al termine dell’incontro -. Dice che c’è un'interlocuzione con i vari ministeri, cosa assurda. Mancano delle risorse e vorremmo capire perché queste risorse non vengono utilizzate per gli lsu-lpu della Calabria. A ciò si aggiunge anche un’altra cosa molto grave, e anche su questo l’assessore ha fatto orecchie da mercante: all’interno della Regione ci sono 11 lavoratori, 5 lsu e 6 lpu che sono stati stabilizzati a 13 ore settimanali. Non è pensabile che la Regione Calabria stabilizzi i propri lsu a 13 ore e poi fa dei consigli regionali ad hoc per andare a stabilizzare lavoratori che non sappiamo da dove provengono. Fino ad ora abbiamo evitato di organizzare manifestazioni perché siamo in emergenza sanitaria e non vogliamo correre rischi ma – conclude Monte - di fronte alla fame e alla disperazione noi scenderemo nuovamente in piazza».