L’olio extravergine d’oliva è per la Calabria un tesoro immenso, ancora non utilizzato al meglio. Occorre che l’intero tessuto economico e sociale regionale metabolizzi rapidamente questo concetto e si metta in moto, con l’aiuto delle istituzioni competenti, per far esprimere al massimo un potenziale che è enorme. Se n’è parlato, qualche giorno fa, nella sede della Regione a Catanzaro, durante la presentazione del contrassegno Olio di Calabria Igp realizzato dal Poligrafico dello Stato.

Erano presenti, tra gli altri, l’assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo; il direttore generale dell’Arsac, Fulvia Caligiuri; il presidente del Consorzio, Massimino Magliocchi; il dg del Dipartimento, Giuseppe Iiritano. Il contrassegno, dotato peraltro di QR Code utile per conoscere tutto del prezioso contenuto di ogni singola bottiglia, impedirà ogni possibile forma di contraffazione, garantendo quindi sia i produttori sia i consumatori.

In questi ultimi tempi l’Italia ha perso terreno su base mondiale, causa diversi fattori negativi manifestatisi contestualmente (la naturale alternanza produttiva, la siccità…), rispetto ai quantitativi assoluti di olio extravergine di oliva. Le stime Ismea per l’annata 2024-2025 ci presentano questo quadro: Spagna 1,35 milioni di tonnellate con un incremento rispetto all’annata precedente del 58,3%; Turchia 0,34 (+61,9%); Tunisia 0,31 (+57,5%); Grecia 0,25 (+61,3%); Italia 0,22 (-32%); Portogallo 0,16 (+1,3%).

Il Belpaese nell’annata 2023-2024 era stato secondo, dietro alla Spagna, con 328mila tonnellate. Nel 2024-25 il Sud Italia segnerà quasi un dimezzamento, con un -41%. Questa situazione ha fatto lievitare i prezzi, soprattutto in Italia, raggiungendo una media di oltre 9 euro al chilo, che per le varietà Ig (Dop o Igp) ha significato anche punte di 15-25 euro. Tant’è che nei primi sei mesi del 2024 l’export italiano è cresciuto del 7% in volume e del 63% in valore, superando quota 1,6 miliardi di euro. Prima mercato di riferimento: gli Usa.

Del resto, si sa che da qui a breve anche la Cina inizierà a inondare il mondo di olio d’oliva, ed anche altri Paesi, nei cinque continenti, stanno investendo sull’olivicoltura. La strada dell’Italia è quella della massima qualità, dell’esaltazione della biodiversità, del salutismo, del racconto di territori antichissimi, della tutela “maniacale” del consumatore. Guardare, in buona sostanza, a una fascia medio-alta del mercato, se non addirittura altissima, per distinguersi, per recuperare margini di competitività puntando sulle caratteristiche che altri non possono avere.

La Calabria, che per tanti anni è stata la seconda regione d’Italia per quantità prodotte alle spalle della Puglia, ha tante ragioni in più per immettersi sul cammino più virtuoso e lungimirante. La terra degli Enotri, della Magna Grecia, dei tanti secoli dell’egemonia di Roma, ha generato per millenni olio d’oliva trasformandolo in un componente essenziale della salutare Dieta Mediterranea. Lo stesso paesaggio calabrese parla la lingua dell’ulivo.

Tra le regioni italiane la produzione 2023-2024 (Fonte: Elaborazioni Ismea su dati Agea, Dichiarazioni dei frantoi) è stata così ripartita: Puglia 202 milioni di chili; Sicilia 37,3 milioni; Calabria 33,3 milioni; Toscana 10,2 milioni; Abruzzo 8,7 milioni; Lazio 7,7 milioni; Campania 7,5 milioni; Basilicata 5,4 milioni; Sardegna 4,9 milioni; Molise 2,9 milioni. Sui 4.327 frantoi attivi in Italia, la Calabria ne ha contati 718, a fronte dei 756 della Puglia che ha registrato una produzione superiore di circa sei volte.

Peraltro sul fronte dell’olivicoltura biologica la Calabria è leader nazionale assieme alla Puglia, con circa 70mila ettari misurati nel 2023 (Rapporto Bio Ismea, 2024), a fronte di un totale regionale di superficie olivata pari a circa 180mila. Per avere un’idea di che cosa significhi per la Calabria la produzione olivicola, si pensi che dalla stessa analisi Ismea emerge che la superficie impiegata per produzione viticola bio è pari a 3.200 ettari, cioè un ventunesimo rispetto a quella olivata. E del totale della SAU (Superficie agricola utilizzata) biologica regionale il 33,8% è occupato dalla coltivazione di olive, a fronte del 15,7% di prati e pascoli (magro escluso), del 15,1% dei cereali, del 5,2% degli agrumi.

La Calabria vanta tre Dop e una certificazione Igp che comprende tutto il territorio regionale, dal Pollino allo Stretto, dal Tirreno allo Jonio. Una scelta, quest’ultima, che ha avuto il fine di valorizzare tutto il patrimonio olivicolo regionale, basandosi su un disciplinare molto restrittivo (è di fatto una Dop!) e che mette molto in risalto le tante cultivar autoctone. Le condizioni per fare meglio e di più, per generare ricchezza e posti di lavoro, per primeggiare, ci sono tutte.

Il successo dipende dalla volontà dei produttori di stare assieme e di guardare verso l’alto, dei consumatori che possono, spendendo solo qualche euro in più, fare del bene a se stessi e alla propria salute acquistando Olio di Calabria Igp, delle organizzazioni di categoria chiamate a sposare una mission storica, delle istituzioni che devono continuare a spingere. Infine, un ruolo decisivo può averlo anche la comunicazione professionale. Non resta che rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro!