Lamezia, la lotta al racket in un bene comunale abbandonato e vandalizzato

Intanto in città gli imprenditori taglieggiati negano di avere subito richieste di pizzo e vengono accusati di favoreggiamento. L'avvertimento della coordinatrice regionale antiracket Maria Teresa Morano: «La paura è un alibi»
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di Tiziana Bagnato
24 novembre 2017
15:59

«Gli imprenditori continuano a mantenere una posizione di subalternità psicologica. E la paura non c’entra, è solo un alibi». Maria Teresa Morano, coordinatrice regionale delle associazioni antiracket, non usa mezzi termini, è netta e decisa quando deve parlare di estorsioni e di un tessuto economico, quello lametino, che da una parte è devastato dal cancro del racket, ma dall’altro spesso rifiuta la mano che gli viene tesa.

 


Poche settimane fa in un’aula di tribunale sono finiti gli stessi imprenditori lametini taglieggiati, perché hanno negato di avere mai pagato il pizzo agli imputati, nonostante fossero stati questi ultimi ad ammetterlo. Da qui l’accusa a loro carico di favoreggiamento.

 

«Si tratta di operare una rottura, una rottura che neanche le giovani generazioni o i figli dei grandi imprenditori si sono dimostrati disponibili a fare», rimarca Morano che con l’Ala, invece, da tempo cerca di raccogliere attorno a sé coloro che il pizzo non lo vogliono pagare o non lo vogliono più pagare. A loro offrono sostegno psicologico anche perché rassicura: «A chi denuncia non succede nulla, la criminalità sa che quella persona è attenzionata dalle forze dell’ordine».

 

L’Ala si costituisce ormai da tempo parte civile in tutti i procedimenti in cui ci siano di mezzo estorsioni e porta avanti le sue attività pro legalità all’interno del Civico Trame. Qui, in un edificio comunale che doveva diventare un centro per anziani e che, mai terminato, è stato completamente vandalizzato, l’associazione Antiracket mira a diventare un presidio per il territorio e ha lanciato una campagna di crowfounding per completare la struttura.

 

Grazie alla generosità dei cittadini che hanno messo a disposizione materiali dismessi, porte, infissi e quant’altro, rispetto a quando è stato preso in consegna, l’immobile permette già l’operatività. Ma ancora molto rimane da fare. Ecco perché è stata lanciata una campagna di crowfounding per fare diventare questo spazio un riferimento sociale e culturale per la città della Piana, oltre che un presidio di legalità.

 

Tiziana Bagnato

Giornalista
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