Quel maledetto quattro ottobre, quando in una notte piovve l’acqua di diversi mesi e a San Pietro Lametino morirono Stefania Signore e i suoi piccoli, le aziende agricole a ridosso della statale 18 venivano inghiottite dalla furia del fiume Turrina che, con argini praticamente inesistenti, ci mise ben poco a lasciare il suo letto e ad entrare con prepotenza nei campi e nelle serre distruggendo quello che ci era voluta una vita a creare.

 

Come nel caso dell’azienda agricola di Domenico Panzarella la cui attività è scomparsa sotto il fango e che si vede ora costretto a licenziare tutti i suoi lavoratori, la maggior parte dei quali collaborano con lui da una vita.

 

Distrutto anche il sogno di Antonio, il figlio di Domenico Panzarella, che voleva restare in Calabria e diventare un giovane imprenditore agricolo.

 

Un disastro forse annunciato. Perché con la mancata manutenzione degli alvei fluviali e gli argini ridotti all’osso chi di competenza avrebbe potuto prevedere che la natura, il fiume, avrebbe presto presentato il conto da pagare e che sarebbe stato salato.

 


L’azienda Panzarella, a quasi un mese di distanza, da quella tragica notte, è ancora una distesa di fango. Le zucchine, orgoglio del titolare, spuntano timidamente dalla fanghiglia. Le serre sono distrutte. Non c’è più lavoro.

 

E così anche per chi ha bagnato del proprio sudore quella terra per anni si sono aperte le porte del licenziamento. Domenico Panzarella non ha altra scelta. I tempi affinché possano essergli riconosciuti i danni sono lunghi, le maglie della burocrazia molto strette.

 

E così cade anche la soddisfazione di potere lasciare al figlio ventiquattrenne l’azienda. lui stesso, Antonio, a raccontarci di come gli si dicesse che “l’agricoltura è il futuro”. «Io ora questo futuro non lo vedo più» ci spiega guardandosi attorno.

 


E intanto la Coldiretti insorge: «Quanto accaduto si poteva prevedere. Ora è successo e si ricorre alle misure di somma urgenza - incalza il direttore della Federazione Catanzaro – Crotone- Vibo Pietro Bozzo - si spendono centinaia di milioni di euro quando in prevenzione ne sarebbe bastato un decimo. Come Coldiretti chiediamo allora che vengano semplificate le norme che prevedono come potere manutenere il nostro territorio».

 


«La competenza sugli alvei fluviali è della Regione Calabria eppure - conclude - i consorzi di bonifica potrebbero intervenire con professionalità ma le autorizzazioni per farlo sono lunghe e farraginose».