«Il 2 aprile scorso il ministro dei Trasporti si è proposto con toni trionfalistici davanti ai giornalisti a Gioia Tauro, come se avesse risolto i problemi del porto e determinato le prospettive più rosee per il futuro. Mi permetto di sollevare una serie di dubbi in proposito, per invitare i calabresi ad un sano realismo, andando oltre i discorsi di facciata». È quanto sostiene in una nota stampa Domenico Gattuso, docente di Ingegneria dei Trasporti e coordinatore regionale Altra Calabria. «Premetto che la mia è una opinione personale legata all’esperienza e che sono interessato al bene comune della nostra gente, non certo a difendere partiti che hanno amministrato la Regione in modo certamente poco serio negli ultimi 20 anni» aggiunge il docente nell’analizzare lo stato dello scalo calabrese in sette punti.

1) «La prima azione del ministro relativa al porto di Gioia Tauro è stata discriminante e ha determinato un indebolimento dell’Autorità di Sistema, allorché ha scorporato i porti dello Stretto (dicembre 2018); ha prodotto due autorità portuali fragili invece di una forte, il distacco di Gioia Tauro dall’Area metropolitana dello Stretto, un contentino per alcuni schieramenti politici trasversali di matrice siciliana; azione peraltro del tutto incoerente con le misure legate al nuovo regime della ZES, tagliando fuori la componente industriale del Reggino.

2) La seconda mossa è stata in realtà un’azione attesa e mancata; in effetti all’appuntamento con il capo del governo cinese Xi Jinping, il ministro si è presentato con le carte dei porti di Genova e Trieste, carte predisposte probabilmente dal suo furbo sottosegretario leghista. Né Gioia Tauro né alcun porto del Sud sono mai entrati nella sottoscrizione di documenti strategici sulla prospettiva della Via della Seta, argomento che egli e la sua collega Ministro per il Sud non potevano certo disconoscere visto che se discute da oltre 3 anni. Alcuni miei studi approfonditi dimostrano che il terminal euro-mediterraneo più naturale ed economicamente vantaggioso della Via della Seta è la Calabria, conveniente per gli armatori cinesi, per la comunità portuale nazionale e per una spinta forte allo sviluppo del Sud in particolare. Nei fatti è stata avallata una strategia nazionale che lascia i porti del Sud fuori gioco, dando fiato ad una serie di potenti lobby del Nord.

 

3) La terza azione strana è stato l’intervento singolare e poco lungimirante nel braccio di ferro in atto fra due colossi come Contship Italia e MSC per il controllo del terminal container (MCT); in situazioni del genere un ministro tende a giocare il ruolo di arbitro e tutelare gli interessi collettivi, in particolare quelli delle maestranze del porto e quelli della Calabria in termini occupazionali e di affermazione del potenziale di sviluppo. In tale ottica, sarebbe stato opportuno agire per affermare quattro condizioni ideali: favorire un regime di concorrenza ovvero la presenza di almeno due terminalisti, separazione dei ruoli fra operatore marittimo (armatore) e terminalista (scaricatore di porto), mantenere la leva di comando in mano allo Stato, garanzie circa i livelli occupazionali attuali e futuri. La soluzione assunta va in tutt’altra direzione: monopolio MSC, nessuna garanzia sui livelli occupazionali, incertezze circa la gestione di spazi ed attività portuali.

 

4) Non è stato elaborato alcun documento in merito alla realtà portuale e rimangono aperti diversi quesiti; ad esempio in merito alla gestione del gateway ferroviario costruito con lauti fondi pubblici e in mano alla Sogemar di Contship; in merito alla gestione delle attività del terminal auto sulla preziosa banchina di Nord-Est (Auto Terminal Gioia Tauro, Gruppo BLG Logistics); nulla viene detto riguardo al potenziale interporto, atteso da 20 anni, che dovrebbe favorire l’intermodalità con la ferrovia e l’opportunità di accesso al treno merci per gli operatori economici calabresi e siciliani.

 

5) Ma altri dubbi rimangono sul campo:quali impegni sono previsti per garantire la poli-funzionalità del porto, ovvero di spazi operativi per attività portuali diverse dal puro transhipment, come funzioni a servizio di traffici Ro-Ro? Che fine hanno fatti i 150 Milioni di Euro stanziati in seno al PON 2014/20 per la realizzazione di una serie di opere infrastrutturali significative attraverso lo strumento dell’Area Logistica Integrata, fermo al 2016 con rischio di disimpegno?

 

6) Che ruolo intende giocare il Governo per superare l’impasse determinato nella transizione delle Aree di sviluppo industriale (ex Asi) al Corap? E’ noto che la situazione è di estrema gravità e la gestione di tale processo ad opera della Regione è risultata alquanto inefficace, con conseguenze negative su tutto il comparto.

 

7) A quando la nomina di un autorevole e qualificato presidente dell’Autorità Portuale, fuori dalle solite logiche spartitocratiche? Perché non un Presidente di caratura internazionale? In rapporto agli elementi ad oggi noti e alle riflessioni esposte, sembra profilarsi un semplice passaggio di consegne del porto da un monopolista ad un altro, con il rischio di vedere riproporsi nel prossimo futuro le dinamiche negative del recente passato, ma con l’aggravante di non avere inquadrato le problematiche del porto in una prospettiva lungimirante di azioni multiple, coerenti e coordinate, per dare a Gioia Tauro e alla Calabria, quel ruolo di volano di sviluppo che avrebbero il diritto di avere a vantaggio proprio e dell’economia dell’intero Mezzogiorno».