L'imprenditore vibonese: «Abbiamo perdite enormi e realizziamo un prodotto che ha dei costi altissimi ma non trova uno sbocco sul mercato». E denuncia: «Istituzioni assenti» (ASCOLTA L'AUDIO)
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Il gruppo Callipo è fra i massimi protagonisti del mondo economico calabrese, con un "brand" che ha portato l'industria conserviera italiana in tutto il mondo: l’export assorbe il 10% della produzione aziendale. I prodotti della Callipo arrivano in Canada, Cina, Stati Uniti, Australia, Lituania, Gran Bretagna, Svizzera, Libia, Austria, Germania, Israele, Nord Africa e Sud America.
La crisi energetica ha picchiato duro e ora Pippo Callipo, patròn del gruppo che dà il nome a uno dei marchi di tonno più prestigiosi, ha dovuto fare ricorso a una riduzione del personale prima, che lo ha costretto a non rinnovare alcuni contratti in scadenza, e poi alla cassa integrazione che, a turno, costringe ogni dipendente a fermarsi per un giorno alla settimana.
L’azienda capofila del gruppo guidata da Callipo ha oltre 100 anni di storia (fu fondata nel 1913 da Giacinto Callipo) nel corso dei quali ha operato nel mercato del tonno e delle conserve ittiche in particolare, estendendo nel corso degli anni il suo raggio d’azione ad altri settori. Alla Callipo Conserve Alimentari si affiancano oggi la holding Callipo Group Srl, che si occupa di consulenza e servizi alle società controllate; la Callipo Gelateria, che produce i gelati della tradizione di Pizzo Calabro a partire dal rinomato tartufo; il Popilia Country Resort, struttura turistico-alberghiera a 4 stelle; la Callipo Sport, a cui fa capo la squadra di Volley maschile che ha raggiunto i massimi livelli in Superlega; la Callipo Turismo, società che ha come oggetto sociale l’attività alberghiera. Testa e cuore delle aziende restano saldamente in Calabria. Lo stabilimento produttivo dell’azienda è a Maierato (VV) e si estende su una superficie di circa 34.000 mq, 9.000 dei quali coperti. Filippo Callipo è stato presidente della Confindustria calabrese. Come candidato alla presidenza della Regione conquistò un seggio in Consiglio regionale al quale rinunciò per tornare a tempo pieno alla sua attività imprenditoriale.
Costretti a ricorrere alla cassa integrazione
«Ho sempre considerato l'azienda come una grande famiglia» - spiega Callipo. «Piangevo di gioia - aggiunge - quando premiavo i dipendenti, dando loro opportunità per altre cose. Ora sono costretto a penalizzarli. Sono andato a parlare con loro in mensa e ho spiegato che, per la salvaguardia del loro lavoro e per la vita dell'azienda stessa, sono costretto ad assumere delle decisioni. A volte il medico deve amputare una gamba - sostiene - per salvare il paziente. Mi trovo in questa situazione ed ho spiegato loro perché. Abbiamo perdite enormi e realizziamo un prodotto che ha dei costi altissimi che, in queste condizioni, non trova uno sbocco sul mercato. Si rischia un'implosione».
L'industriale calabrese ha tentato di percorrere la strada meno dolorosa. Nel corso dell'estate non ha potuto rinnovare i 36 contratti in scadenza (i primi 20 nello scorso luglio, poi altri 16) che in circostanze normali avrebbe rinnovato. Altri 231 dipendenti a tempo indeterminato, ogni mercoledì, restano a casa in cassa integrazione. All'origine di tutto c'è stato il vertiginoso aumento dei prezzi, dovuto all'impennata del costo del gas, che si è riverberato sui materiali utilizzati per il confezionamento del tonno che la Callipo importa prevalentemente dalla Cina. Andrà avanti così fino a fine anno.
«Finora riuscivamo a gestire la situazione. Le scatolette vuote a banda stagnata arrivano dalla Cina e così il vetro e le capsule d'alluminio. Abbiamo avuto un aumento dei costi del 30-40%, ma ciò che è aumentato in maniera esponenziale sono la luce e il gas».
Bollette alle stelle
Callipo parla con dati alla mano che elenca puntigliosamente. «Nel luglio 2021 - spiega - pagavamo una bolletta elettrica di 21.700 euro, nel luglio 2022 abbiamo ricevuto una bolletta di 167.000 euro. Per il gas, nel 2021 avevamo pagato 51.000 euro, mentre quest'anno sono diventati 181.000. Se sommiamo questi dati, nel luglio del 2021 abbiamo avuto un costo energetico di di 77.800 euro nel luglio 2021. Quest'anno siamo arrivati a 348.400 euro. Alla fine di settembre arriveremo a pagare 400.000 euro. Una situazione che non riusciamo a sopportare. Allora preferiamo intervenire adesso per evitare problemi più gravi dopo».
Istituzioni assenti
Callipo denuncia il disinteresse delle istituzioni. «Non c'è nessun interesse per quanto sta avvenendo. A Roma - osserva - si stanno studiano delle misure ma, come si dice da queste parti, mentre il medico studia il malato muore. Bisognerebbe calmierare almeno il prezzo dell'energia, non potendo il Governo calmierare quelli del vetro, del tonno o della banda stagnata, che si comprano a prezzi di mercato. Ma ciò che più ci amereggia è che la Calabria, per quanto riguarda la produzione energetica, è autosufficiente grazie ai bacini idroelettrici e ai parchi eolici, ma l'energia viene esportata. In cambio la calabria non ricava nessuna attenzione particolare. È dura anche per i Comuni che devono ridurre l'illuminazione pubblica».
I danni maggiori, denuncia Callipo, ricadono sulle piccole aziende. Realtà in cui operano 3-4 dipendenti impegnate nel distretto agroalimentare, nella carpenteria metallica e nell'informatica che devono esporsi con le banche. «Nel nostro compresorio - sottolinea - si arriva a 300-400 posti di lavoro a rischio. Occorre accumulare scorte in magazzino a prezzi di produzione più alti. Questo significa fare ricorso ai fidi bancari. Nel momento in cui le banche chideranno la restituzione dei finanziamenti saranno dolori. I magazzini - dice Callipo - sono pieni. Se la grande distribuzione non compra tutto si blocca. Speriamo che le banche siano consapevoli di questo».
Per quanto concerne la sua azienda, Callipo esprime il rammarico di non poter incrementare l'export su alcuni mercati come la Cina. «Un paese - rimarca - difficile a causa delle procedure burocratiche ma con il quale lavoriamo perché siamo in contatto con due ditte serie. Mi dispiace che un'azienda come la nostra non abbia ricevuto una telefonata di solidarietà da parte del mondo politico, forse troppo impegnato in vista delle elezioni. In Calabria c'è un problema sociale a cui bisogna stare attenti».
L'imprenditore è comunque confortato dai buoni rapporti con i sindacati e con i lavoratori. «Ho spiegato alla Rsu e ai dipendenti - osserva - è che è meglio lavorare meno ma lavorare tutti, perché è difficile far rientare 15-20 persone licenziate. La soluzione è stata apprezzata dai dipendenti e dai sindacati consapevoli che non farei nulla contro di loro. Hanno piena fiducia in me e questo - conclude - mi responsabilizza molto».