La partita dell'Olio di Calabria Igp può diventare strategica, ma c'è tanto da lavorare! Se n'è parlato martedì 14 novembre alla Cittadella regionale, durante la presentazione della nuova etichetta unica proposta dal competente Consorzio di tutela. Partiamo da alcune premesse sistemiche che sono necessarie per comprendere fino in fondo di che cosa si sta parlando. L'olio extravergine di oliva, detto anche Evo, è un alimento prezioso che caratterizza fortemente la civiltà mediterranea da millenni. Già gli Enotri, diversi secoli prima della stagione magnogreca, producevano olio d'oliva, così come attestano anche gli scavi archeologici della Sibaritide.

È rarissimo che una famiglia calabrese e meridionale non consumi diversi litri di olio d'oliva all'anno, per cucinare, per friggere, per esaltare il gusto di tanti piatti, per condire e insaporire. Un filo d'olio su una bruschetta o in un'insalata di pomodoro è l'essenza della cultura alimentare del Sud Italia. Non è un caso che Ancel Keys, “inventore” della Dieta Mediterranea (ne scrivo a lungo nel mio recente corposo saggio che parte dai Sissizi del mitico Re Italo), pose l'ulivo, le olive e l'olio al centro delle proprie rivoluzionarie ricerche. Queste poche parole dal sapore identitario dovrebbero introdurre ogni ragionamento sulla sfida epocale che - come ha giustamente osservato l'assessore regionale all'Agricoltura, Gianluca Gallo - la Calabria si gioca in riferimento all'Olio extravergine di oliva. L'Evo è considerato, da tutti gli esperti di alimentazione e senza distinguo, un pilastro delle diete equilibrate e sane, un alimento che fa bene.

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Gli Italiani in genere lo sanno, ma non sempre sono attenti a ciò che comprano, magari perché restii a spendere un paio di euro in più al litro per garantirsi un prodotto certificato e di elevata qualità. Troppo spesso le rassicurazioni dell'amico e del “comparuccio” sono più gradite di quelle scientifiche! Nel resto del mondo (Paesi mediterranei a parte perché accomunati da identico approccio), come ad esempio nell'estremo Oriente e negli Usa, l'attenzione per l'extravergine di pregio è esponenziale, per cui i margini di crescita del mercato globale aumentano di anno in anno. Introduciamo, pertanto, un secondo elemento di base, sottolineato dal Dg del Dipartimento Agricoltura, Giacomo Giovinazzo: far capire a tutti che un marchio Igp (Indicazione geografica tipica) è garanzia di eccellenza. Chi ci legge non consideri questo passaggio come scontato e acquisito. L'Ismea, in una recente sintesi statistica, ci ha detto che l'84% dell'olio d'oliva extravergine acquistato in Italia è passato dalla Gdo, e che l'85% del totale degli acquisti nel Belpaese è costituito da oli non a marchio Dop/Igp. Ed ora attenti, perché in quest'altro “numero” c'è tutto lo spazio strategico che la Calabria può conquistare con la propria storia e la propria qualità: l'Ismea precisa che solo l'1% dell'olio d'oliva imbottigliato comprato in Italia è Dop/Igp.

Fermiamoci un attimo e dedichiamo poche righe a qualche ulteriore dato macro che ha come fonte Ismea. Nel mondo intero l'Italia è il secondo produttore per quantità dopo la Spagna, ma è anche il primo importatore e consumatore di olio d'oliva, ed è il secondo per export. Riferiamoci al 2019: l’Italia ha importato circa 600mila tonnellate di olio di oliva e sansa (76% costituito da extravergine) e ne ha esportate 338 mila tonnellate (di cui il 73% olio extravergine). I principali paesi fornitori sono stati la Spagna (con una quota del 73%), la Grecia (12%) e la Tunisia (7%). I primi Paesi clienti sono gli Usa (quota 27%), la Germania (12%), il Giappone (6%).

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Attenzione alle statistiche sull'olio d'oliva, perché i dati variano di anno in anno, anche in maniera consistente. Nel 2023, ad esempio, la Spagna ha registrato un notevole calo produttivo, il che ha condizionato tutto il mercato planetario, partendo dall'aumento medio dei prezzi che proprio in questo periodo sta avvantaggiando l'olivicoltura nazionale e calabrese. La produzione italiana, per farci un'idea, dal 2011 al 2019 è passata da 542mila tonnellate a 366mila, con cali fino a 175mila (2018). In quest'ambito la Calabria è seconda alle spalle della Puglia. Nel 2020 (fonte Ismea su dichiarazioni Agea), anno di generalizzato crollo produttivo in tutto il Sud, la Puglia si è attestata a circa 117mila tonnellate, la Calabria a circa 33mila. La media 2017-2020 può offrirci un quadro più completo: l'Italia ha prodotto 310mila tonnellate di olio d'oliva, la Puglia 152mila (la metà del valore nazionale!), la Calabria 42mila, la Sicilia 34mila; Puglia, Calabria e Sicilia, con 229mila tonnellate, da sole hanno assicurato il 73,66% del valore nazionale. 

Non a caso, quindi, l'assessore Gianluca Gallo ha spiegato che mentre per il vino calabrese (ne abbiamo parlato in un recente nostro articolo su LaCNews24), ci si misura con piccole quantità che devono imporsi in nicchie di mercato attente alla massima distintività, in riferimento all'olio extravergine di oliva i volumi sono molto alti, la qualità e la filiera possono crescere ulteriormente, ci si confronta con fatturati in grado di trainare l'agroalimentare calabrese.

Ritorniamo all’importanza assoluta della certificazione europea. Sia sufficiente citare le prime righe del disciplinare di produzione dell'Olio di Calabria Igp: “L’Indicazione Geografica Protetta Olio di Calabria è riservata all’olio extravergine d’oliva ottenuto da olive prodotte nel territorio della Regione Calabria”. Può sembrare una verità ampiamente metabolizzata ma non lo è per nulla, se solo ricordiamo, come già accennato, che nel 2019 (fonte Ismea) l'Italia ha importato 600mila tonnellate di olio di oliva e sansa, di cui 76 per cento di extravergine, in gran parte provenienti da Spagna, Grecia, Tunisia

Nello stesso anno, su 366mila tonnellate di produzione nazionale, Dop e Igp (il Belpaese ne vanta circa 50) hanno rappresentato solo il 2-3% (11mila tonnellate). L'Ismea stessa ha sentenziato: “Decisamente troppo poco rispetto alle potenzialità”. Il traguardo recente dell'Olio Igp Calabria – ha fatto presente Giacomo Giovinazzo –, riconosciuto in ambito Ue, è un grande punto d'arrivo e al contempo di ripartenza sul quale concentrare la massima attenzione, perché attraverso questo marchio impresso sull'etichetta della bottiglia o della tipica lattina da 3-5 litri sappiamo in maniera certa e controllata che quell'extravergine è stato davvero prodotto a partire da determinate cultivar calabresi (Carolea, Rossanese, Sinopolese, Ottobratica, Tonda di Strongoli, ecc. ecc.), uniformandosi a un rigido disciplinare di produzione che ne garantisce lo straordinario livello qualitativo.

Recita il disciplinare: «Ogni fase del processo produttivo viene monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo e attraverso l’iscrizione degli oliveti, dei produttori, dei trasformatori, degli stoccatori, e dei confezionatori in appositi elenchi gestiti dalla struttura di controllo, la tenuta di registri di produzione, di stoccaggio e di confezionamento nonchè attraverso la dichiarazione tempestiva alla struttura di controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità e la rintracciabilità del prodotto». In parole povere: un agricoltore calabrese non si sveglia la mattina e usa il marchio Igp per il proprio olio, ma a partire dagli uliveti utilizzati, e per finire all'imbottigliamento, ogni singola fase deve essere monitorata e certificata da specialisti riconosciuti. Se qualcuno dovesse imbrogliare, finirebbe addirittura nel penale! Se poi si estende il concetto di Olio Evo Igp anche alle suggestive dimensioni, che affascinano e interessano i consumatori più attenti e disposti a spendere di più, della biodiversità, delle caratteristiche organolettiche uniche, delle proprietà salutistiche, e finanche del paesaggio, la Calabria ha pochi rivali ed ha tanto da raccontare.

Presentando l'etichetta unica il presidente del Consorzio, Massimo Magliocchi, e in risposta a una mia specifica domanda, ha fornito qualche dato utile. Nel 2022 la Calabria ha commercializzato, imbottigliandole, 200 tonnellate di Olio Igp a fronte di 6.500 certificate e tecnicamente dette “atte a divenire” e quindi non imbottigliate. Non apriamo ora un ragionamento su questo fronte, che ha tante articolazioni di natura politico-economica. Cogliamo solo il senso dell'enorme potenziale esistente. Del resto, come ha spiegato l'assessore Gianluca Gallo in un intervento oggettivamente appassionato, la Calabria conta su 160mila ettari circa di uliveti, di cui 13mila (ha precisato Magliocchi) sono allo stato dichiarati Igp. Come dire, scusandoci per la cacofonia: un potenziale nel potenziale! Gli uliveti ci sono, e sono tanti, l'olio c'è, in quantità notevoli, se ora il sistema regione, inteso nella sua più ampia accezione economico-sociale, intende puntare sull'Igp e vendere a prezzi giusti nei cinque continenti il proprio Evo certificato non c’è che da lavorarci su, con massimo impegno.

Ultime considerazioni sul tema della comunicazione. La presentazione dell'etichetta unica tenuta nella sede istituzionale della Regione è stata affidata a Peppone Calabrese, volto di Linea Verde su Rai1, che l'ha condotta con il proprio stile. Il presidente Magliocchi, nell'ambito della volontà del Consorzio di lavorare sulla riconoscibilità del marchio, ha accennato all'imminente avvio di campagne di promozione su due trasmissioni televisive nazionali. Non sono stati forniti dettagli ulteriori. Ci caliamo in un mondo molto complesso e articolato che, al di là dei contenuti specifici da valutare per la loro reale efficacia, riguarda sempre di più anche il cosiddetto “online” e i social, cioè la rete internet.

Oggigiorno non si può prescindere dal web, la partita nazionale può fare riferimento anche alle tv generaliste, e poi ci sarebbe da valutare quanto peso e importanza abbia la comunicazione interregionale o regionale (ne ha accennato l'assessore Gallo toccando anche il tema della “consapevolezza”) in una terra che conta meno di 2 milioni di abitanti ma ne ha quasi il triplo (di prima, seconda e terza generazione) all'estero o nelle regioni del centro-nord Italia. Il Mercato Calabria va letto, pertanto, sia per le proprie specificità storiche influenzate da consistenti e ripetuti fenomeni migratori, sia in connessione al settore turistico, in teoria trainante, rispetto al quale l'offerta gastronomica, ristorativa e ricettiva ha un peso decisivo. Solo un accenno all'utilizzazione del marchio unico sulle bottiglie dei diversi produttori regionali che spesso si confrontano con le esigenze e le richieste della distribuzione organizzata: ne discuteremo in altra occasione! Messaggio conclusivo erga omnes: non si trascurino mai i “numeri”, gli unici, alla fine di qualsivoglia azione di sviluppo, a chiarirci se si siano fatti passi in avanti o meno! Siamo la terra dei Pitagorici o no? Tutto è numero!