La segretaria calabrese Elena Senese contestualizza i problemi, evidenzia i tassi occupazionali e propone misure per potenziare il welfare regionale: «Istituire un Osservatorio regionale per la parità di genere»
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La fotografia sviluppata dal rendiconto Inps sono pressoché impietosi. I passi da compiere sono ancora tanti, perché il tasso di occupazione femminile, in Calabria, resta bel al di sopra della media nazionale. Per di più «le donne nella nostra regione sembrano condannate a svolgere lavori precari e discontinui». Quello che serve, quindi, «è una regione più forte ed inclusiva e per raggiungere questo risultato tutto passa, inevitabilmente, dalla compiuta parità di genere», spiega Maria Elena Senese.
Secondo la segretaria generale della Uil Calabria, invece, «siamo fortemente preoccupati per i dati recentemente emersi nel rendiconto sociale regionale dell'Inps, che evidenziano significative disparità di genere nel mercato del lavoro calabrese. Il divario occupazionale e retributivo tra uomini e donne è un problema urgente che richiede interventi strutturali e una chiara volontà politica per favorire una reale inclusione delle donne in ambito lavorativo».
Nel 2023, i dati mostrano un tasso di disoccupazione femminile in Calabria «ben al di sopra della media nazionale, specialmente nelle fasce giovanili e in età fertile. Questo scenario – evidenzia la sindacalista – è aggravato da tassi di inattività femminile tra i più alti d’Italia e da retribuzioni mediamente inferiori per le lavoratrici rispetto ai colleghi uomini».
«Tasso di disoccupazione al 35%»
Le donne in Calabria fanno registrare un tasso di disoccupazione elevato, in particolare tra le fasce giovanili. Nella fascia d’età 15-24 anni, il fenomeno «raggiunge il 35%, evidenziando le difficoltà delle giovani donne nell'accedere al mercato del lavoro».
«…ed all’85% l’inattività femminile»
Il tasso di inattività femminile in Calabria, come accennato, è tra i più elevati d’Italia, «arrivando all’85,5% nella fascia d’età 15-24 anni. Questo dato – sottolinea Maria Elena Senese – rivela che una parte consistente delle donne non ha opportunità di accesso all’occupazione, spesso a causa della mancanza di politiche di sostegno e di formazione adeguata».
«Le donne mediamente guadagnano meno»
Anche le donne occupate, però, «percepiscono salari mediamente inferiori rispetto agli uomini. Per esempio, nel settore privato, le lavoratrici guadagnano settimanalmente in media il 12-15% in meno degli uomini, una disparità che si riflette in tutti i livelli occupazionali e che limita il loro potere economico. Ma non solo. Le donne – avanza la segretaria regionale della Uil – sono ancora fortemente concentrate in settori meno retribuiti, come l’istruzione e l’assistenza sociale, mentre sono sotto rappresentate in ambiti più remunerativi come la tecnologia e le scienze. Questo squilibrio, purtroppo, si traduce in minori opportunità di carriera e di crescita economica».
«Parità di genere motore di crescita»
La parità di genere, dunque, «non è solo una questione di giustizia, ma un motore per la crescita economica e sociale della Calabria». Offrire pari opportunità alle donne «significa costruire una Calabria più forte, inclusiva e innovativa. Abbiamo bisogno di una Calabria che valorizzi tutte le sue risorse, e questo significa offrire pari opportunità alle donne, garantendo loro accesso al lavoro, una retribuzione equa e possibilità di carriera». Per favorire questi processi, quindi, «la crescita di quella giustizia sociale così difficile da raggiungere per le donne calabresi, la Uil Calabria è pronta a proporre un’agenda di interventi mirati per affrontare queste disparità e promuovere una Calabria più equa e competitiva». Ovvero «misure concrete per abbattere le barriere di genere e creare un mercato del lavoro equo, inclusivo e competitivo» attraverso «incentivi fiscali alle aziende per l’assunzione di donne che si concretizzino in agevolazioni e sgravi contributivi per le imprese che assumono donne, specialmente nelle aree rurali e nei settori dove le disparità di genere sono più marcate e, poi, siano sostenuti da una premialità rivolta a quelle aziende che adottano politiche di parità di genere, come l’equiparazione salariale, e nell’incentivazione dell’adozione della Certificazione della parità di genere, prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».
«Adottare misure per alleggerire il peso delle responsabilità e potenziare il welfare regionale»
Per superare questo «divario allarmante e insopportabile», poi, «è opportuno il sostegno concreto alla conciliazione vita-lavoro che, per la Uil Calabria, può essere ricercato solo con l’ampliamento della rete di servizi di supporto per le famiglie, come asili nido pubblici e voucher per l’assistenza privata, per alleggerire il peso delle responsabilità di cura che ricade prevalentemente sulle donne e con l’incentivazione del telelavoro e della flessibilità oraria per le dipendenti madri, offrendo vantaggi alle aziende che adottano queste misure, per rendere il lavoro femminile più compatibile con le esigenze familiari».
E per meglio qualificare il lavoro moderno e di qualità, nella cui richiesta troppo spesso le donne calabresi rimando ai margini, «sarebbe auspicabile la promozione di percorsi di formazione specifici, in collaborazione con le università e le imprese, per incentivare la partecipazione femminile nei settori tecnologici, scientifici e tecnici e, allo stesso tempo, promuovere programmi di tutoraggio per le studentesse, per indirizzarle verso carriere ad alta crescita e ben remunerate, rafforzando le competenze in ambiti ad alta domanda come la tecnologia e l’ingegneria».
«Sarebbe opportuno – si avvia alla conclusione Maria Elena Senese – anche istituire un Osservatorio regionale per la parità di genere, con il compito di monitorare l’andamento del gender gap, proporre interventi mirati e pubblicare report annuali per promuovere consapevolezza e responsabilità condivisa sul tema. E, ancora, ma non per ultimo, sarebbe determinante potenziare il sistema di welfare regionale, attraverso contributi aggiuntivi per le famiglie e sostegno economico alle lavoratrici, in modo da ridurre il rischio di ritiro dal mercato del lavoro per ragioni economiche. Così come, infine, promuovere finanziamenti e microcredito per l’imprenditoria femminile, per sostenere le donne che desiderano avviare nuove attività – chiosa la sindacalista – soprattutto in settori tradizionali e innovativi, come il turismo e l’artigianato, capaci di svincolare le donne da quegli ambiti, come la cura delle persone o la scuola, che ne hanno storicamente contraddistinto l’impegno lavorativo».