VIDEO | Un imprenditore di Tropea emigrato in Toscana in un filmato diventato virale attacca il premier per le paventate restrizioni della fase 2 anti-Covid: «Guadagneremo un terzo ma le utenze resteranno invariate»
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Il dissenso dei ristoratori italiani contro le paventate restrizioni della fase 2 anti-Covid è guidato un calabrese. Pasquale Naccari, 41 anni, originario di Tropea, è uno dei tanti emigrati che fuori dalla Calabria hanno trovato fortuna, grazie soprattutto alla voglia di mettersi in gioco e di scarificarsi. Titolare della pizzeria Il vecchio e il mare di Firenze (tra le migliori 25 d’Italia secondo Gambero Rosso), si è posto alla testa dei rappresentanti di categoria non solo della Toscana, ma dell’Italia intera, vessati dall’ecatombe economica dovuta all’emergenza sanitaria.
Tutto merito di un video postato sul suo profilo Facebook in cui, attaccando il governo, e in particolare il premier Conte, mette a nudo tutte le difficoltà che incontrerebbero bar e ristoranti nell’affrontare le nuove disposizioni. Un video diventato virale e che sta raccogliendo consensi da ogni parte d’Italia, e in seguito al quale è stato creato anche un comitato, Ristoratori Toscani, che raccoglie le rimostranze degli operatori economici.
Nel filmato che sta spopolando in rete (le varie condivisioni hanno superato i 3 milioni di visualizzazioni) Pasquale dimostra che, disponendo i tavoli del suo locale nel rispetto del distanziamento sociale, si ritrova a occupare lo spazio per quattro persone con un tavolo da dodici: «In uno spazio in cui mettevamo 30/34 persone adesso ne mettiamo 10/12. Questo vuol dire un terzo di quello che sfruttavamo prima. Volevamo sottolineare l’inadeguatezza della fase 2 nel momento in cui viene richiesto anche di mantenere i livelli occupazionali precedenti. Come si fa?».
E alla domanda retorica il ristoratore risponde piccato: «Questo è rivolto ai professoroni che dicono che bisogna adeguarsi: io mi adeguo, ma si devono adeguare tutti, perché se prima sostenevamo una locazione a mille euro, oggi dovremmo pagare trecento (visto che incassano un terzo ndr), così come se prima avevamo trenta dipendenti, adesso ne possiamo avere dodici, al massimo».
Dopo questa disanima numeri alla mano, Pasquale si rivolge al premier: «Peppe – lo apostrofa col suo accento fiorentino arricchito da intercalari calabresi –, non ci fare aprire, non vogliamo aprire, non vogliamo neanche soldi, perché per voi siamo sempre stati arance da spremere. A noi interessa che ti occupi degli affitti, delle utenze e dei dipendenti. Mi sono arrivate 500 euro ma son chiuso, Peppe, son chiuso. Alle utenze ci devi pensare te!».
E per finire l’altro appello: «Fateci aprire a settembre, quando il problema sanitario sarà superato per davvero e quando non ci saranno contagi. Altrimenti chi verrà mai a sedersi in un ristorante con la paura di ammalarsi?».