Il comando provinciale della Guardia di finanza di Catanzaro, nell’ambito dell’operazione denominata “Polish masks”, ha sequestrato circa 125.000 mascherine di provenienza cinese, pronte per essere immesse in commercio nonostante fossero prive dei requisiti di sicurezza richiesti.

L’attività operativa, condotta dai militari della tenenza di Soverato sotto la direzione della Procura della repubblica di Catanzaro,  partita da controlli di routine presso operatori commerciali della località costiera, ha permesso di risalire l’intera filiera commerciale, fino ad arrivare ad una società distributrice avente sede nel Napoletano, specializzata nel commercio e nel confezionamento di abiti di carnevale, che, in periodo di piena emergenza da coronavirus, aveva dirottato il suo core business nella vendita dei dispositivi di protezione individuale.

Marchio Ce e certificati contraffatti

La ricostruzione effettuata dalle fiamme gialle ha evidenziato la mancanza pressocchè totale della documentazione attestante la conformità degli stessi agli standard sanitari richiesti. Il meccanismo di frode, realizzato anche con l’ausilio di un rappresentante che contattava i potenziali acquirenti, veniva posto in essere presentando certificati di conformità falsi, rilasciati da un organismo di diritto polacco non notificato e recante un marchio “Ce” contraffatto, apposto illegalmente in modo da giustificare la presunta bontà della merce commercializzata.

 La vendita online della mascherine

Il distributore napoletano, inoltre, era anche attivo nella vendita online: unitamente ai costumi ed alle maschere di carnevale, sul proprio sito internet nonchè sulle più note piattaforme di e-commerce venivano pubblicizzate le mascherine nocive. Gli accertamenti esperiti dai finanzieri della tenenza di Soverato hanno portato alla denuncia della rappresentante legale della società distributrice, una 47enne residente in provincia di Napoli, e del rappresentante, un 53enne residente in provincia di Foggia, in concorso per i reati di frode in commercio e di contraffazione, oltre che del marchio “Ce”, anche di pubblica certificazione.