«Il reddito di cittadinanza ha avuto il merito di garantire ad una ampia fascia di persone di soddisfare i bisogni primari. Dall’altra parte, tuttavia, c’è la necessità di traghettare gli occupabili nel mondo del lavoro». È l’analisi di Francesco Aiello, docente di Politica economica dell'Università della Calabria. Il professore è stato ospite della putata “Dopo la notizia”, format di approfondimento condotto da Pasquale Motta. Al centro i temi legati al reddito di cittadinanza, disoccupazione e povertà in un momento storico particolarmente fragile sotto il profilo economico-sociale.

Reddito di cittadinanza e povertà assoluta

La misura a sostegno del reddito ha avuto indubbiamente dei risvolti significativi. Per Aiello: «Molti beneficiari risultano in condizioni di povertà estrema. Il pilastro di contrasto alla povertà, dunque, ha avuto un effetto positivo. Eppure bisogna fare ancora molto». Per avere una idea sui numeri «in Italia, secondo i dati forniti da Istat e Caritas, nel 2021 ben 5,6 milioni di persone si trovavano in condizioni di povertà assoluta. I percettori del rdc, coinvolti, sono 3,7 milioni di persone cioè il 67% dei poveri in senso assoluto». In ogni caso «contro la povertà, nel 2021, le somme messe a disposizione sono state di 8 miliardi di euro, quindi insufficienti». Se si volesse rimodulare il reddito di cittadinanza, «bisognerebbe investire di più. Sempre se il Paese intende portare avanti una politica di lotta alla povertà seria anche tenendo fede agli accordi dell’Agenda 20-30 che fa della lotta contro la fame del mondo uno dei pilastri fondamentali della sostenibilità e sviluppo. L’Italia punta a ridurre entro il 2030 almeno la metà delle persone in condizione di povertà assoluta».

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Reddito cittadinanza e persone occupabili

Altro aspetto legato al rdc, è la percentuale di persone spendibili nel mondo del lavoro e di un sostegno da elargire solo in attesa di occupabilità: «Le politiche attive del lavoro sono una cosa, la lotta alla povertà è un’altra. Non si possono perseguire più obiettivi nello stesso momento. Sulla capacità di collocare i beneficiari nel mondo del lavoro, l’esito è incerto. Bisogna tuttavia contestualizzare, l’estrema soluzione, ovvero togliere il rdc è molto drastica perché non sappiamo nel dettaglio se sono persone occupabili, difficilmente occupabili o non occupabili», scandisce il docente universitario.

Togliere dall’oggi al domani il sussidio significa non avere chiaro il quadro dei beneficiari: «Tra i percettori – evidenzia Aiello- c’è una quota di persone povere dotate di basse qualità spendibili nel mondo del lavoro». Da qui l’esigenza «di formarle per consentire loro di trovare impiego». Non mancano i furbetti: «Ci sono anche persone che stanno sul divano, che rifiutano le richieste per opportunismo o perché non ritengono congruo il corrispettivo economico. C’è poi gente che cerca lavoro e non lo trova».

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Reddito di cittadinanza e sviluppo

La soluzione? «Creare un differenziale, almeno del 30%, tra reddito di cittadinanza e retribuzione salariale in maniera tale che convenga andare al lavoro». Il rischio, allo stato attuale è di trovarci dinnanzi a milioni di persone senza reddito di cittadinanza e senza occupazione a cui trasferire in maniera permanente fondi per sopravvivere. Che potrebbe rappresentare un danno perché non si alimenta sviluppo.

I dati in Calabria parlano chiaro: «Nella nostra regione (dati 2022) sono 100mila le famiglie che ricevono il sussidio, circa 225mila persone coinvolte nello schema. Se la Calabria non decide di intercettare una traiettoria di crescita noi saremo una società che alimenta un modello di sviluppo che dipende da trasferimenti esterni non produttivi». Un modello, a giudizio del docente universitario, da scardinare.

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